Radiofarmacia, agire in rete e rinforzare la formazione

Arturo Cavalieri, presidente della SIFO, e Maria Luisa De Rimini, presidente dell’Associazione Italiana Medicina Nucleare, nel corso del workshop “Harnessing the Opportunities of Radioligand Therapies: Infrastructure and Education”, hanno portato le esperienze italiane nell’uso dei radioligandi (RTL) nel trattamento oncologico. Un approccio innovativo che richiede, però, formazione adeguata, multidisciplinarietà e strutture ad hoc.

Durante l’evento, Cavalieri ha ricordato come «la peculiarità dei radiofarmaci è tale da richiedere una professionalità con competenze specifiche aggiuntive, dove si unisce a tutto il sapere nel campo del farmaco, bagaglio del farmacista, la conoscenza dei tecnicismi propri dei composti radioattivi, inclusa la parte che ricade nelle norme di radio-protezione. SIFO ha riconosciuto già da diversi anni le specificità e l’importanza della Radiofarmacia.

L’innovazione della RLT ha confermato e accelerato questa attenzione che SIFO ha avviato da tempo: proprio l’estrema specializzazione e complessità di queste nuove opzioni terapeutiche trova nel radiofarmacista la figura professionale che affianca nelle scelte tecnico-scientifiche e cliniche il Medico Nucleare, che rimane la punta di diamante del processo».
Un processo, quindi, che vede due figure collaborare gomito a gomito per il massimo beneficio terapeutico del paziente.

Spiega De Rimini: «grazie a tecniche di imaging di medicina nucleare, è oggi possibile selezionare in modo mirato i pazienti che possono beneficiare di questo tipo di terapia, realizzando il modello più innovativo e promettente del concetto di teragnostica, cioè quell’evoluzione della medicina nucleare grazie alla quale il momento della diagnosi e quello della terapia si integrano sequenzialmente, in maniera tale da farci vedere quello che possiamo trattare».

Tutto molto bello, ma per poter attraversare questa frontiera occorrono adeguamento tecnologico e strutturale degli ospedali, con aumento dei posti letto, per esempio, riassetto degli spazi e dei percorsi, oltre che personale qualificato. Tutte risorse evidenziate come carenti da una survey appositamente condotta da AIMN nelle Unità di Medicina Nucleare. Eppure, le richieste per questo approccio terapeutico sono in costante aumento.

Per questo AIMN ha ipotizzato di unire in rete i centri esperti, in un sistema di hub e spoke, così da poter utilizzare varie modalità di accesso, dal ricovero ordinario a quello in day hospital, fino ad arrivare a un accesso ambulatoriale, sempre valutando necessità e criticità dei singoli pazienti.

Un modello che andrebbe a risolvere alcune delle carenze strutturali, per quanto riguarda la formazione, secondo Cavalieri ci si può muovere rinforzando la tematica dei RLT nelle Scuole di Specializzazione, ma sarebbe utile istituire corsi specifici post-laurea sulle terapie con radiofarmaci, come master e corsi di alta formazione certificati, per garantire uniformità di formazione.

Tra l’altro, questo processo di ridefinizione formativa è in linea con quanto previsto a livello europeo dal piano SAMIRA, Strategic Agenda for Medical Ionising Radiation Applications, che vuole aumentare la formazione dei professionisti in medicina nucleare, fisica medica, radioterapia e radiofarmacisti.

«Proprio con questo spirito SIFO», ricorda Cavalieri, «ha recentemente attivato un Corso di Alta Formazione in Radiofarmacia, presso l’Università di Padova, che si distingue nettamente da tutte le iniziative organizzate finora: è il primo corso che vede unite la Facoltà di Farmacia e la Facoltà di Medicina, a sottolineare il rilievo riconosciuto all’approccio multidisciplinare e alla collaborazione che si deve instaurare tra radiofarmacista e clinico, relazione che vede nel linguaggio comune il vero primo passo per riuscire a integrare le diverse competenze per il governo di una delle più importanti innovazioni terapeutiche del nostro tempo».