L’orbitopatia tiroidea è una patologia autoimmune rara, grave, progressiva, pericolosa per la vista, che si può verificare nelle persone affette dal morbo di Graves.
Tra i sintomi si annoverano secchezza oculare, sensazione di granulosità, arrossamento, gonfiore, lacrimazione eccessiva, retrazione palpebrale, proptosi, pressione o dolore dietro gli occhi, diplopia.
Per contrastare questa malattia, nel 2020 l’ente regolatorio statunitense ha approvato teprotumumab, un anticorpo monoclonale in grado di bloccare il recettore del fattore di crescita insulino-simile-1 (Insuline-like growth factor-1, Igf-1), implicato nella genesi del problema.
Il via libera è giunto sulla base dei risultati positivi di due studi clinici randomizzati, a cui hanno partecipato complessivamente 170 pazienti.
Lo studio di fase 4 su oltre 60 pazienti
Gli esiti dei trial registrativi sono stati ora confermati da uno studio di fase 4, multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, che ha coinvolto 62 pazienti.
Per essere ammessi alla ricerca, gli assistiti dovevano avere una diagnosi risalente a 2-10 anni prima, un Clinical activity score (Cas) inferiore a 1 in entrambi gli occhi da almeno un anno, nessuna progressione nella proptosi e nella diplopia e nessun nuovo sintomo infiammatorio correlato alla patologia.
Non dovevano, inoltre, essere stati sottoposti a precedente irradiazione orbitale o a interventi chirurgici di decompressione o di correzione dello strabismo.
I partecipanti sono stati divisi in due gruppi: 42 hanno ricevuto il principio attivo e 20 il placebo. La durata media della malattia nei pazienti trattati con la molecola era di 5,1 anni con un Cas medio di 0,3, mentre in quelli trattati con il placebo era di 5,4 anni con un Cas di 0,5. I precedenti studi registrativi avevano, invece, considerato pazienti malati da non oltre 9 mesi e con livelli più elevati di Cas.
Riduzione della proptosi anche nella malattia di lunga durata
Dopo 24 settimane, i dati hanno evidenziato che gli assistiti trattati con il medicinale hanno ottenuto una riduzione statisticamente significativa della proptosi rispetto a coloro che hanno assunto il placebo.
Questi risultati confermano l’efficacia di teprotumumab, indipendentemente dall’attività o dalla durata della malattia, ribadendo ciò che è stato osservato negli studi iniziali e in oltre tre anni di impiego del farmaco nel real world.
«Considerata questa nuova e positiva evidenza clinica nei pazienti con malattia oculare tiroidea di lunga durata e basso Cas, è importante che i medici valutino a fondo tutti i loro pazienti per stabilire se teprotumumab potrebbe rappresentare un’opzione valida», ha affermato Raymond Douglas, direttore del programma Orbital and Thyroid Eye Disease del Cedars-Sinai Medical Center di Los Angeles, oltre che ricercatore principale dello studio.
«È, inoltre, necessario chiedere sempre agli assistiti se i sintomi della patologia stanno interferendo con la loro capacità di lavorare, socializzare, svolgere le attività quotidiane. Queste informazioni possono aiutare a comprendere l’onere della malattia e la necessità di cura, indipendentemente dal grado di infiammazione oculare».