Linfangioleiomiomatosi: nuova speranza da nintedanib

Positivi i risultati di uno studio di fase 2, condotto da Irccs Multimedica e Istituto Nazionale di Genetica Molecolare Romeo ed Enrica Invernizzi – Policlinico di Milano.

La linfangioleiomiomatosi è una malattia rara che colpisce soprattutto il genere femminile, con una prevalenza indicata da Orphanet in 1-9 casi ogni milione di abitanti. La patologia può presentarsi sporadicamente oppure essere associata alla sclerosi tuberosa.

Nel primo caso l’incidenza in Europa varia tra 1/500.000-1/125.000. Gli organi principalmente colpiti sono i polmoni, nei quali si formano cisti, causate dalla proliferazione di cellule muscolari lisce atipiche. I sintomi sono quindi di natura respiratoria, partendo da dispnea progressiva per arrivare a pneumotorace e chilotorace, fino all’insufficienza respiratoria. La progressione è lenta, ma inesorabile. La patologia interessa poi anche il sistema linfatico e può colpire i reni.

Al momento l’unico farmaco disponibile è il sirolimus che non può però essere utilizzato con leggerezza, perché è altamente tossico e sviluppa facilmente resistenza. Negli ultimi anni si sta studiando l’efficacia di una molecola già usata per altre patologie polmonari, nintedanib.

Al momento sono disponibili i risultati di uno studio di fase 2, condotto da un team dell’Unità Operativa di Pneumologia e Terapia Semintensiva Respiratoria dell’Irccs Multimedica, guidato dal suo direttore da Sergio Harari, anche professore di Medicina interna all’Università degli Studi di Milano.
Allo studio, pubblicato su The Lancet Respiratory Medicine, ha collaborato anche l’Istituto Nazionale di Genetica Molecolare Romeo ed Enrica Invernizzi.

Lo studio

Già usato nella cura della fibrosi polmonare idiopatica, nintedanib è un inibitore della tirosinchinasi che va a interferire con la proliferazione, migrazione e differenziazione dei fibroblasti e miofibroblasti polmonari.

Trenta donne sono state coinvolte in questo lavoro, tutte con deterioramento polmonare importante, alcune nonostante la terapia con sirolimus. I ricercatori hanno somministrato loro 150 mg di nintedanib 2 volte al giorno, con la possibilità di calare a 100 mg in caso di sviluppo di complicanze importanti o epatotossicità. La terapia è durata 12 mesi, seguiti da ulteriori 12 mesi di follow-up senza assunzione di terapia.

Lo studio ha mostrato un fermo nella progressione di malattia per tutto il periodo di follow-up, con stabilizzazione della funzione respiratoria. Un altro punto a favore della molecola è la buona tollerabilità dimostrata dalle paziente, nessuna incorsa in eventi avversi gravi.
I disturbi più frequenti sono stati facilmente gestibili, essendo principalmente nausea (50% delle pazienti), diarrea (26%) e dolore addominale (17%).

I commenti dei professionisti coinvolti

Sergio Harari sottolinea l’importanza dei risultati descritti: “si tratta del primo studio, dopo il fallimento di molti altri, che offre una concreta nuova opzione terapeutica alle donne affette da linfangioleiomiomatosi.

Siamo giunti a questo risultato grazie a un impegno durato diversi anni, alla collaborazione delle pazienti e allo sviluppo della conoscenza sui meccanismi molecolari alla base della patologia.

La scoperta ha non solo positive ricadute cliniche ma permette anche di allargare lo sguardo su nuovi orizzonti di ricerca per trovare una cura definitiva, e non solo una terapia, alla linfangioleiomiomatosi”.

Parole cui fanno eco quelle del prof. Jens Geginat, dell’Istituto Nazionale di Genetica Molecolare Romeo ed Enrica Invernizzi: “siamo orgogliosi di aver contribuito a questo studio importante del professor Harari e il suo team.
È il frutto di una collaborazione pluriennale sulla caratterizzazione molecolare delle cellule LAM, che ha già portato alla pubblicazione di altri articoli scientifici su riviste internazionali in passato e che adesso promette di dare dei risultati ancora più importanti in futuro”.

Questo successo dimostra l’importanza della ricerca traslazionale che parte dal letto del paziente, facendo osservazioni e ipotesi, si sposta in laboratorio alla ricerca di soluzioni e, quindi, torna al letto del paziente per testare le ipotesi.

Lo studio: Harari S, Elia D, Caminati A, Geginat J, Luisi F, Pelosi G, Specchia C, Torre O, Trevisan R, Vasco C, Zompatori M, Cassandro R. Nintedanib for patients with lymphangioleiomyomatosis: a phase 2, open-label, single-arm study. Lancet Respir Med. 2024 Oct 25:S2213-2600(24)00217-0. doi: 10.1016/S2213-2600(24)00217-0. Epub ahead of print. PMID: 39489895

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