Tumori del sangue, nuova formulazione di ibrutinib in unica somministrazione giornaliera

Annunciata la disponibilità in Italia della nuova formulazione di ibrutinib, in compresse rivestite con film in unica somministrazione giornaliera, per il trattamento della leucemia linfatica cronica, del linfoma mantellare e della macroglobulinemia di Waldenström. Ibrutinib, grazie ai risultati raggiunti in termini di efficacia rispetto ai trattamenti standard, è ora disponibile anche per adulti con leucemia linfatica cronica di età inferiore ai 65 anni.

La leucemia linfatica cronica è la forma di leucemia più frequente negli adulti dei Paesi occidentali, rappresentando il 30% di tutte le leucemie. Nel nostro Paese, stando alle stime, si riscontrano ogni anno circa 1.600 nuovi casi tra gli uomini e 1.150 tra le donne. La leucemia linfatica cronica è una malattia tipica dell’anziano; tuttavia, nel 15% dei casi, la stessa viene diagnosticata in soggetti di età inferiore ai 60 anni. Inoltre, in oltre 1 paziente su 2, la malattia viene diagnosticata per caso a seguito di esami di routine.
Linfoma mantellare e macroglobulinemia di Waldenström sono malattie linfoproliferative più rare e anch’esse di riscontro occasionale. I sintomi, non sempre presenti, possono essere variabili, comuni ad altri disordini linfoproliferativi o correlati alle caratteristiche della componente monoclonale, nel caso di malattia di Waldenström.

La nuova formulazione di ibrutinib

La nuova formulazione di ibrutinib – annunciata il 5 ottobre scorso dall’azienda produttrice Janssen, del gruppo Johnson & Johnson – è in compresse rivestite con film. Questo aspetto consente, rispetto alla precedente formulazione in capsule, un’unica somministrazione giornaliera per tutte e tre le patologie succitate. Inoltre, sulla base dei risultati di studi recenti, ibrutinib è ora disponibile anche per i pazienti con leucemia linfatica cronica di età inferiore ai 65 anni.
Più nello specifico, per leucemia linfatica cronica e macroglobulinemia di Waldenström, la nuova formulazione consente il passaggio da 3 capsule al dì da 140 mg ciascuna ad un’unica compressa da 420 mg. Per il linfoma mantellare, invece, si passa da 4 capsule ad 1 singola compressa al giorno da 560 mg.
La somministrazione giornaliera di una singola compressa rappresenta un traguardo nel trattamento di queste neoplasie, andando a migliorare l’aderenza terapeutica al farmaco nonché la qualità della vita dei pazienti affetti da malattie tipiche dell’anziano.

Efficacia e benefici per il paziente: lo studio fase III ECOG1912

L’utilizzo di ibrutinib, sia in monoterapia che in combinazione, ha dimostrato un importante beneficio in termini di efficacia – come dimostrato da numerosi studi di fase 3 – ma anche a un miglioramento della qualità di vita dei pazienti di nuova diagnosi di leucemia linfatica cronica, finora sottoposti a regimi chemioterapici considerati standard nel paziente giovane, come FCR: fludarabina, ciclofosfamide e rituximab.
Lo studio registrativo di fase III ECOG1912, primo studio che ha proposto un confronto tra ibrutinib associato a rituximab rispetto a FCR, ha esaminato 529 pazienti fit e con età inferiore ai 70 anni con nuova diagnosi di leucemia linfatica cronica.
La sopravvivenza libera da progressione mediana, endpoint primario dello studio, è risultata statisticamente superiore nel braccio I+R rispetto a quello FCR, in pazienti con o senza mutazione del gene IGHV. Inoltre, nella combinazione ibrutinib e rituximab è stato osservato un miglioramento prolungato della sopravvivenza globale rispetto a FCR, soprattutto nel paziente con mutazione del gene IGHV, dimostrando inoltre che il paziente che non interrompe il trattamento ottiene una risposta prolungata e sostenuta.

Disponibilità anche per gli under65 con leucemia linfatica cronica

Il farmaco è ora disponibile anche per persone con leucemia linfatica cronica di età inferiore ai 65 anni.
«I risultati dello studio E1912 con un follow up a 6 anni e mezzo si aggiungono a quelli di altri studi in cui Ibrutinib dimostra superiorità verso regimi chemio-immunoterapici più comunemente utilizzati e che ci garantiscono di poterlo utilizzare, come prima linea di trattamento, anche nei pazienti con leucemia linfatica cronica al di sotto dei 65 anni», ha spiegato Paolo Ghia, Professore di Oncologia Medica, Università Vita-Salute San Raffaele.
«Il significativo vantaggio in termini non solo di sopravvivenza libera da malattia ma anche di sopravvivenza globale, permette di offrire una nuova opzione di terapia anche nei pazienti più giovani e con un buono stato di salute. In aggiunta, la nuova formulazione orale in compresse potrebbe contribuire a migliorare l’aderenza alla terapia e quindi, a replicare anche nella pratica clinica i risultati ottenuti negli studi clinici».

Elena D’Alessandri