Sindrome di Lynch: Fondazione Onda promuove lo screening

Lo scorso 24 giugno Fondazione Onda ETS ha presentato i dati raccolti dai due tavoli interregionali sui percorsi di screening relativi alla sindrome di Lynch. I risultati rientrano in un’analisi economica condotta da ALTEMS Advisory – Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari. 

Si stima che la sindrome di Lynch colpisca una persona ogni 279. La sua identificazione precoce consente l’attivazione di strategie di prevenzione e sorveglianza personalizzate, con un impatto rilevante sulla riduzione della mortalità.
Nonostante l’evidenza clinica, in Italia non esiste ancora una strategia di screening universale su scala nazionale che conduca all’individuazione della sindrome di Lynch a partire dall’analisi dei campioni istologici di tutti i nuovi casi di tumori colorettali e dell’endometrio.

I due tavoli tecnici interregionali sono stati organizzati da Fondazione Onda ETS, con il contributo incondizionato di GSK: il tavolo tecnico nord (Lombardia, Veneto, Liguria), riunitosi lo scorso 18 marzo e patrocinato da AIOM, Fondazione Mutagens e SIMG; il tavolo tecnico centro-sud (Campania, Lazio, Toscana) svoltosi lo scorso 22 maggio e patrocinato da Associazione Italiana Familiarità ed Ereditarietà Tumori, Fondazione Mutagens e SIMG.

L’iniziativa fa eco al tavolo istituzionale a cui lo scorso anno hanno partecipato Istituzioni, comunità scientifica, associazioni di pazienti e società civile che aveva l’obiettivo di promuovere un accesso equo e omogeneo ai percorsi di screening e di presa in carico dei soggetti ad alto rischio eredo-familiare di sindrome di Lynch.

«Benché lo screening universale per la sindrome di Lynch sia stato suggerito già dal 2008, la sindrome sia stata inserita nei LEA e il Piano Oncologico Nazionale preveda indicazioni specifiche, è tuttora largamente sotto-diagnosticata.
Robuste evidenze dimostrano l’efficacia delle strategie di prevenzione nei soggetti portatori delle varianti patogenetiche, in termini di maggior sopravvivenza e miglior qualità della vita, nonché di riduzione dei costi a carico del sistema sanitario.

Tuttavia nel nostro Paese si rileva una marcata disomogeneità dei percorsi diagnostico terapeutici a livello regionale con conseguenti disparità sul territorio nella sua identificazione. Un dialogo aperto e un confronto costruttivo tra società scientifiche, associazioni di pazienti e istituzioni, come quello che ha promosso Fondazione Onda ETS, rappresentano i presupposti essenziali per affrontare una sfida complessa e multidimensionale che non è soltanto organizzativa e formativa ma anche culturale, per assicurare equità e pari opportunità a tutti i cittadini in tutte le Regioni», ha dichiarato Francesca Merzagora, presidente Fondazione Onda ETS.

L’analisi ha evidenziato come una strategia di screening per la sindrome di Lynch in Italia rappresenti un’opportunità sostenibile per il SSN. Dalla Cost-Utility Analysis emerge, infatti, che lo screening genetico, pur generando costi aggiuntivi, risulta altamente efficace, con un ICER (Incremental Cost-Effectiveness Ratio) di € 478/QALY (Quality Adjusted Life Years), ben al di sotto della soglia accettata di € 30.000/QALY. La Cost-Of-Illness Analysis ha mostrato che l’incremento del costo per paziente (€ 63,79) è ampiamente giustificato dai benefici in termini di prevenzione e diagnosi precoce. 

L’identificazione tempestiva dei soggetti a rischio consente di attivare percorsi di sorveglianza mirati, migliorando gli esiti di salute e riducendo i costi legati alla gestione tardiva.

I due tavoli tecnici interregionali hanno visto la condivisione di esperienze territoriali. In Campania, per esempio, è stata evidenziata l’efficacia di una integrazione della medicina generale.

Fondamentale è stato, inoltre, nel lavoro di entrambi i Tavoli il riferimento allo studio italiano di fattibilità, osservazionale, prospettico, multicentrico e multidisciplinare, Italynch che valuta la diagnosi della sindrome di Lynch e la fattibilità del mainstreaming genetico, stimando la riduzione del carico sui servizi di genetica e il numero di familiari a rischio inseriti in programmi di prevenzione.

Questi gli obiettivi individuati dai due tavoli: 

  • migliorare le conoscenze attraverso la ricerca epidemiologica, di base e clinica, per sviluppare procedure uniformi
  • affinare le capacità di identificare le persone a rischio
  • ottimizzare la prevenzione e implementare protocolli di sorveglianza condivisi
  • implementare la formazione per tutti i professionisti coinvolti e investire nella formazione della figura professionale del counselor/infermiere genetico, che attualmente manca in Italia, per rendere più efficienti i percorsi e ridurre il carico sui servizi di genetica medica
  • promuovere un’integrazione coordinata tra la rete delle malattie rare e quella oncologica e un’efficiente digitalizzazione, puntando sull’identificazione dei familiari da inserire in percorsi specifici di prevenzione e sorveglianza, sulla presa in carico e l’accesso agli accertamenti previsti dai protocolli e a un’eventuale chirurgia profilattica
  • garantire un accesso equo, omogeneo e tempestivo ai percorsi di prevenzione e terapeutici, investendo risorse costo efficaci dal punto di vista della sostenibilità economica in una prospettiva di medio e lungo termine.

«Le applicazioni della genetica in medicina hanno risvolti estremamente importanti per la prevenzione primaria e secondaria di alcune malattie. In ambito oncologico circa il 5-10% dei tumori si sviluppa in persone che hanno un alto rischio su base genetica e che necessitano di percorsi diagnostici-preventivi multidisciplinari.
AIFET è la società scientifica con una storia di più di 30 anni, che vede coinvolti specialisti di diverse branche della medicina nell’assistenza e nella ricerca in questo campo», ha dichiarato Maurizio Genuardi, presidente dell’Associazione Italiana Familiarità ed Ereditarietà Tumori.