Tumore della prostata, approcci innovativi grazie a teranostica e radiofarmaci

Nel corso del 44° congresso SIFO, una sessione ha riportato l’attenzione sui radiofarmaci e sulla medicina nucleare.
La medicina nucleare utilizza apparecchiature di imaging e di misurazione ad alta tecnologia e sofisticazione, gestite da computer e programmi che si occupano di registrare, elaborare e riprodurre immagini. L’imaging molecolare si fa grazie ai radiofarmaci, che possono essere di due tipi: emettitori di positroni o di fotoni gamma.

«L’utilizzo di tecniche di medicina nucleare», è stato ricordato nel corso della sessione, «può fare la differenza per il paziente». I radiofarmaci consentono, infatti, diagnosi specifiche e forniscono indicazioni terapeutiche.

Le moderne strumentazioni utilizzate abbinano la PET a una strumentazione radiologica (TC) consentendo, nell’ambito della medesima seduta, di identificare anche il dato morfologico del paziente, con una migliore accuratezza diagnostica.

I radiofarmaci, inoltre, essendo captati – per esempio, dai tumori – possono essere impiegati anche per la terapia definita radio-metabolica, in quanto l’irradiazione avviene all’interno del processo patologico dopo che il radiofarmaco è stato incorporato nelle cellule.

Gli avanzamenti nel tumore della prostata

Nell’ambito della sessione, una relazione è stata dedicata al tumore della prostata. Questa neoplasia è la più frequente nel sesso maschile, con circa 40 mila casi l’anno.
I dati di sopravvivenza del tumore della prostata sono però tra i migliori in ambito oncologico: 9 pazienti su 10 sopravvivono a 5 anni dalla diagnosi.

Esistono, tuttavia, casi resistenti e metastatici, per i quali l’introduzione dei radiofarmaci ha rappresentato un punto di svolta, grazie a un approccio di precisione e più integrato, consentendo di portare la sopravvivenza media da 1 a 5 anni.

PARP inibitor e terapia ormonale

Nei pazienti che presentano mutazioni dei geni BRCA, la terapia con inibitori di PARP – molecole che interferiscono con i meccanismi che la cellula mette in atto per riparare i danni al DNA – associati alla terapia ormonale stanno rivoluzionando il trattamento di questa neoplasia.

Sono in corso diversi studi sull’utilizzo di PARP inibitor nel trattamento del tumore prostatico metastatico che hanno evidenziato come in quelle forme di carcinoma resistente alla castrazione l’utilizzo della terapia combinata produca un significativo miglioramento della sopravvivenza libera da progressione, sia in soggetti con mutazione BRCA sia in pazienti senza mutazione, anche se l’efficacia, in quest’ultimo target risulta minore.

L’approccio teranostico PSMA

L’antigene prostatico specifico di membrana – PSMA, viene rilevato in oltre il 95% dei tumori prostatici. Lo stesso rappresenta uno dei biomarcatori emergenti per il rilevamento di questa forma neoplastica, sia diagnostico che teranostico.

Si tratta di un biomarcatore predittivo dei cambiamenti del tumore che indica anche la probabilità di risposta al trattamento. Mirare al PSMA in teranostica può influenzare le decisioni nella gestione clinica e permettere l’identificazione di pazienti che possono trarre il massimo beneficio da terapie mirate.

Una delle ultime terapie a base di lutezio, Lu-PSMA-617, è stata approvata dalla FDA statunitense sulla base dei risultati dello studio clinico fase III VISION.
Questa terapia, non ancora rimborsabile, non garantisce risultati superiori a quelli della chemioterapia e non è un salvavita.

Tuttavia, in pazienti con una patologia metastatica, cui si associa sovente una sintomatologia molto debilitante che impatta in modo importante sulla qualità di vita, la terapia con radioligando risulta meno impattante del trattamento chemioterapico, rappresentando una nuova interessante prospettiva terapeutica con esiti favorevoli sulla durata e sulla qualità della vita.