Sono tanti i casi nei quali un trapianto di cellule staminali ematopoietiche (HSC) può fare la differenza tra la vita e la morte di un paziente. Certamente nei tumori ematologici, ma anche in alcune malattie ereditarie.

Purtroppo solo nel 40% dei casi si riesce a trovare un donatore compatibile al 100%, assicurando il successo del trapianto. Nel restante 60% dei casi si usano tecniche per rendere il materiale prelevato da un donatore compatibile con il ricevente, così da scongiurare la “graft versus host disease”, GVHD. Spesso si sceglie un parente, così che almeno metà del corredo sia condiviso e poi si lavorano le cellule staminali.

Altra possibilità, passare dal cordone ombelicale: si parla allora di trapianto aploidentico.

I vantaggi del trapianto aploidentico

Il professor Luca Pierelli del Dipartimento di Medicina Sperimentale Sapienza Roma spiega: «le cellule staminali da cordone ombelicale, oltre a essere immediatamente disponibili in caso di conservazione alla nascita, sono immature da un punto di vista immunologico e possono quindi riprodursi in qualsiasi tipologia di cellula».

Inoltre, in questi trapianti «è ridotto al minimo, se non assente, il rischio di sviluppare la GVHD, quindi il rigetto. Infine, i linfociti infusi hanno una capacità maggiore di riconoscere ed eliminare le cellule tumorali rimaste nel paziente nonostante la terapia». Queste affermazioni sono dimostrate da 2 studi di una équipe cinese, afferente all’Istituto dei Trapianti di Sangue e Midollo di Soochow e guidato dal professor Depei Wu.

Gli studi cinesi

Un primo studio (Clinical Outcomes of B Cell Acute Lymphoblastic Leukemia Patients Treated with Haploidentical Stem Cells Combined with Umbilical Cord Blood Transplantation) pubblicato nel 2022, vede la partecipazione di 176 pazienti affetti da Leucemia Linfatica Acuta, divisi in 2 gruppi: il primo ha ricevuto un trapianto di cellule staminali ematopoietiche da midollo, mentre il secondo da cordone ombelicale.

Gli autori hanno poi effettuato un confronto, evidenziando i vantaggi dell’uso di cellule cordonali:

  • presentano un maggiore effetto trapianto-contro-leucemia;
  • permettono una ripresa più rapida dell’ematopoiesi;
  • proteggono contro il rischio di sviluppare GVHD;
  • offrono una maggior sopravvivenza a 3 anni dal trattamento;
  • riducono l’incidenza di recidiva.

Il professor Pierelli sottolinea: «in caso di trapianto aploidentico con cellule staminali cordonali, il tasso di sopravvivenza a 3 anni dall’infusione è dell’80.5%, offrendo quindi un effetto a lungo termine oltre alla minor incidenza di recidiva».

Lo scorso febbraio 2024 lo stesso gruppo ha presentato un secondo studio su 268 pazienti affetti da Leucemia Mieloide Acuta, trattati o con cellule staminali da midollo, o con un mix di cellule staminali da midollo e cordonali. Anche questa volta la sopravvivenza a 3 anni è superiore nel secondo gruppo.

Lo studio è importante anche perché evidenzia come si possa usare una quantità piccola di cellule staminali cordonali: un dato utile, dal momento che spesso si hanno meno unità di cellule cordonali a disposizione. Per poter utilizzare questa via è però necessario congelare il cordone ombelicale alla nascita e conservarlo per future esigenze mediche.