Crescono le evidenze sul ruolo delle alterazioni del microbiota nell’insorgere e permanere di molte patologie, non solo dell’apparato digerente. D’altronde, è assodato che la salute del microbiota intestinale favorisce quella del sistema immunitario. Un team di ricercatori ha deciso di valutare l’importanza del microbiota nel Parkinson, la seconda patologia neurodegenerativa per diffusione dopo l’Alzheimer.

In Italia vivono oltre 300 mila pazienti affetti da questa patologia, con circa 6 mila nuove diagnosi ogni anno. Lo studio osservazionale è stato voluto da Microbial Resource Management – MRM Health, azienda belga che ha il proprio focus nell’ideazione di terapie basate sul microbiota. Collaborano la Nimble Science e l’Università di Calgary, in Canada. Obiettivo, valutare il ruolo del microbioma del piccolo intestino nella patologia di Parkinson e identificare specifiche firme microbiche e metaboliche di malattia nel sangue e nei fluidi del piccolo intestino. Questo è il primo passo per poter poi identificare terapie adeguate.

Lo studio sarà condotto presso l’Istituto Calgary Parkinson’s Research Initiative, guidato dal dottor Davide Martino, e dovrebbe arruolare 100 pazienti, tra i quali anche una coorte di volontari sani. 

Tecniche utilizzate nello studio

Alla base del progetto c’è la tecnologia innovativa sviluppata da MRM Health, chiamata CORAL®, un insieme di ceppi batterici commensali ben caratterizzati, selezionati e ottimizzati per identificare i meccanismi alla base della malattia con precisione. Accanto a CORAL® si utilizzerà anche il sistema SIMBA, anagramma per “Small Intestine MicroBiome Aspiration”: ideato da Nimble Science, si tratta di una capsula ingeribile monouso che, una volta superato l’ambiente acido dello stomaco, si apre e assorbe il contenuto del piccolo intestino, chiudendosi prima di entrare nel grande intestino. Grazie a una serie di marker, il transito di SIMBA può essere monitorato tramite un tracciato radiografico.

Sam Possemiers, Chief Executive Officer di MRM Health, spiega: «Ci aspettiamo che i dati generati dallo studio permetteranno di scoprire la composizione del microbioma del piccolo intestino, ancora inesplorato, e di metterlo in connessione con la patofisiologia della malattia di Parkinson». Intento finale, arrivare a sviluppare un biofarmaco capace di rispondere alle esigenze dei pazienti parkinsoniani.

Fa eco il dottor Martino, sottolineando che c’è esigenza di farmaci per trattare efficacemente una malattia che è davvero disabilitante. Sarebbe davvero interessante e utile individuare una relazione tra contenuto del piccolo intestino e sviluppo del Parkinson: per questo c’è una coorte di soggetti sani, per poter effettuare i dovuti controlli.