Lo stato dell’arte delle terapie digitali in Italia mostra una situazione ancora per molti aspetti in stallo, tanto che attualmente non ci sono terapie digitali disponibili per il paziente, a fronte di contesti, come quello tedesco, in cui ve ne sono 54. Sebbene rappresentino un’innovazione promettente, manca ancora nel nostro Paese per le terapie digitali un chiaro quadro regolatorio che ne preveda la rimborsabilità, come avviene in altri contesti e, di conseguenza, ne rallenta la diffusione. Il tema al centro di una sessione del 44° Congresso SIFO 2023.
Le DTx sono terapie digitali il cui principio attivo è costituito da un software o da un algoritmo. Si tratta di percorsi di cura che hanno l’obiettivo di prevenire, gestire o trattare un ampio spettro di condizioni, siano esse fisiche, mentali.
Sono somministrate attraverso tecnologie digitali, dietro prescrizione medica e vengono sottoposte a percorsi rigorosi di sperimentazione clinica. Si tratta di app, intelligenza artificiale, sensori e dispositivi indossabili finalizzati ad aiutare i pazienti nella gestione di alcune patologie croniche. Vengono classificati come dispositivi medici anche se sono per molti versi più vicini al farmaco.
Nonostante il loro impatto rivoluzionario e il loro enorme sviluppo a livello globale – nel 2022 erano 295 gli studi clinici in corso – la situazione italiana delle DTx presenta ancora numerose criticità. “Perché siano approvate, le Digital Therapeutics devono fornire una prova dell’efficacia clinica e la conseguente certificazione e autorizzazione da parte degli enti regolatori” hanno sottolineato numerosi relatori nel corso di una sessione sul tema in occasione del 44° Congresso SIFO.
Le criticità italiane al loro sviluppo
Devono poi essere anche accessibili ai pazienti. E, a tale proposito, almeno nel nostro Paese, si riscontrano ancora una serie di ostacoli di carattere normativo e regolatorio e la conseguente rimborsabilità, elemento quest’ultimo che inevitabilmente ne rallenta la diffusione.
Sensibilizzare il legislatore per evitare disparità di accesso
“L’innovazione terapeutica oggi passa inevitabilmente anche attraverso le terapie digitali. Per questo è urgente una sensibilizzazione del legislatore al fine di evitare una disparità di opportunità terapeutica in quegli ambiti clinici che, per il loro impatto sui servizi sanitari e sulla qualità della vita, assorbono ingenti risorse” ha sottolineato Barbara Meini, presidente del collegio dei Probiviri e coordinatore per l’editoria scientifica SIFO.
Un concetto questo ripreso e ribadito da Paola Minghetti, Professore ordinario di Tecnologia, Socioeconomia e Normativa dei medicinali presso l’Università degli Studi di Milano: “È necessario creare velocemente un terreno idoneo a favorire in Italia lo sviluppo delle terapie digitali e il loro reale utilizzo. Per fare questo occorrono una chiara classificazione, un percorso di valutazione della singola DTx per stabilirne la corretta valorizzazione e delle modalità di prescrizione e rimborso stabilite a livello nazionale”.
Il ruolo del farmacista ospedaliero nella definizione di un iter autorizzativo
In questo percorso, imprescindibile è emerso il contributo che il farmacista ospedaliero, ma anche dei servizi territoriali, può fornire al legislatore e alle autorità nazionali competenti in materia per la definizione di un corretto iter autorizzativo delle DTx: dalla sperimentazione clinica all’autorizzazione all’immissione in commercio, così come alla definizione del regime prescrittivo e di rimborsabilità.
Infine, perché sia efficace, l’innovazione deve essere inserita in un quadro assistenziale supportato da un solido modello organizzativo di tipo hub&spoke in cui il paziente, grazie a percorsi di sanità digitale, possa essere monitorato a domicilio nelle fasi di follow-up, con indiscussi vantaggi economici e gestionali tanto per l’assistito quanto per il sistema sanitario nel suo complesso.