Terapie a bersaglio molecolare e reazioni avverse da farmaco in oncologia: il ruolo del farmacista clinico nella farmacovigilanza

Le terapie a bersaglio molecolare (targeted therapies) rappresentano una nuova generazione di farmaci antitumorali che interferiscono con molecole indispensabili per la crescita, la progressione e la diffusione tumorale. L’azione specifica di questi farmaci permette di limitare maggiormente gli effetti collaterali rispetto a quanto avviene con la chemioterapia convenzionale.

Il profilo di sicurezza dei nuovi farmaci, corrispondente ai dati di sicurezza disponibili all’immissione in commercio, è essenzialmente basato su studi clinici condotti in condizioni controllate, su un piccolo campione di pazienti selezionati, e spesso con un breve follow-up. Per questo motivo, le reazioni avverse al farmaco (adverse drug reactions, ADRs) riportate nel riassunto delle caratteristiche del prodotto (summary of products characteristics, SPC) non sono esaustive.

Nella pratica clinica quotidiana, i pazienti oncologici spesso presentano comorbità, politerapia, maggior vulnerabilità, e cambiamenti in farmacocinetica e farmacodinamica legati all’età.

Queste condizioni reali sono necessarie per rilevare tutte le possibili tossicità che possono compromettere la qualità di vita dei pazienti, e causare la sospensione della terapia o il cambiamento dello schema terapeutico.

Background

La farmacovigilanza ha l’obiettivo di migliorare la sicurezza dei pazienti attraverso l’identificazione di ADRs. Il metodo principale per l’individuazione di reazione avverse causate dai medicinali sul mercato, al di fuori degli studi clinici, è quello della segnalazione spontanea.

Per i farmaci oncologici, il fenomeno della sottosegnalazione delle ADRs è molto marcato in quanto la tendenza è di considerarle come problemi inevitabili. È inoltre emersa una significativa diminuzione della soddisfazione dei pazienti in trattamento antitumorale che hanno subito reazioni avverse da farmaci. Per migliorare la sicurezza dei pazienti e l’aderenza alle terapie a bersaglio molecolare, è necessaria una svolta decisiva nel trend di segnalazione di ADRs da parte di personale sanitario e dei pazienti.

Il coinvolgimento del paziente nel sistema di farmacovigilanza rappresenta una potenziale strategia per aumentare la conoscenza delle reazioni avverse da farmaci oncologici, migliorare la soddisfazione del paziente, e diminuire il fenomeno della sottosegnalazione.

Scopo

L’obiettivo principale dello studio è stato quello di osservare le ADRs causate da dieci farmaci antitumorali a bersaglio molecolare nella pratica clinica quotidiana (real-word setting) e individuare le differenze rispetto alle informazioni riportate nei SPCs.

Inoltre, lo studio si propone di studiare il ruolo e l’influenza del farmacista clinico nel diminuire la sottosegnalazione delle ADRs, migliorarne la gestione, e aumentare il livello di soddisfazione del paziente.

Materiali e metodi

Gli autori hanno condotto uno studio pilota prospettico osservazionale per valutare il profilo di sicurezza di 10 farmaci antitumorali a bersaglio molecolare (erlotinib, everolimus, gefitinib, imatinib, lapannib, lenalidomide, sorafenib, sunitinib, bevacizumab e cetuximab).

L’indagine è stata condotta presso il Centro di Riferimento Oncologico – CRO di Aviano tra Febbraio 2013 e Aprile 2015, con l’arruolamento di 154 pazienti adulti. Tutti i pazienti sono stati trattati con almeno una terapia a bersaglio molecolare alle dosi riportate nel SPC. Per evitare biases, sono stati arruolati pazienti in monoterapia (ad esclusione del cetuximab) dopo wash-out farmacologico di 12 settimane.

I pazienti sono stati intervistati dal farmacista clinico con un questionario strutturato per ottenere informazioni su caratteristiche socio-demografiche, schedula del farmaco, e ADRs.

È stata posta particolare attenzione all’approccio dei pazienti con ADRs relative al trattamento, valutando la conoscenza del sistema di farmacovigilanza da parte del paziente e l’eventuale segnalazione spontanea di ADRs. Ogni 30 giorni, il paziente è stato contattato per interviste di follow-up finalizzate a verificare lo stato di salute, le ADRs osservate durante il trattamento, disordini metabolici e nutrizionali. Nell’intervista finale, sono stati inoltre valutati la compliance e il grado di soddisfazione del paziente.

Le ADRs osservate sono state comparate con quelle riportate nel SPC. Non sono stati analizzati i dati relativi a erlotinib, gefitinib, e lapatinib in quanto sono stati arruolati meno di 10 pazienti trattati con questi farmaci. La terminologia ADR è stata classificata secondo il dizionario MedDRA. Per la valutazione del nesso di causalità è stato usato il metodo previsto da World Health Organization-Uppsala Monitoring Centre (WHO-UMC) e l’algoritmo di Naranjo.

Risultati

Sono stati arruolati 154 pazienti, di cui 83 donne (54%) e 60 di età superiore ai 65 anni (39%). Le terapie con bevacizumab, sunitinib o sorafenib sono risultati le più frequenti (rispettivamente 32%, 18% e 13%).

Il carcinoma mammario è emerso come la patologia più comune (osservata nel 22% dei casi), seguita da tumore del colon-retto (20%) e carcinoma renale (16%). Sei pazienti sono stati trattati in maniera sequenziale con due o tre farmaci, 110 pazienti (71%) presentavano comorbidità (71%) e 94 pazienti (61%) hanno ricevuto pre-trattamenti oncologici.

Dai risultati dello studio è emerso che le ADRs segnalate nel real setting non sempre corrispondono alle informazioni riportate nei SPC. Sono state evidenziate differenze in pazienti trattati con imatinib (maggior frequenza dell’aumento della lacrimazione e di edema palpebrale), sorafenib (maggior frequenza di neuropatia e desquamazione della pelle), sunitinib (maggior frequenza di ipotiroidismo, dolore muscoloscheletrico, incremento della creatinina, dolore addominale, ipertrigliceridemia e ipercolesterolemia), bevacizumab (maggior frequenza di mialgia e cefalea), e cetuximab (maggior frequenza di mucosite). Non sono emerse differenze per everolimus. Inoltre, sono state identificate ADRs non note tra cui iperglicemia con lenadomide e sorafenib, e ipomagnesemia con bevacizumab.

I risultati del questionario hanno dimostrato che il 99% dei pazienti ha apprezzato la presenza del farmacista nell’equipe clinica e considera il ruolo del farmacista clinico essenziale per migliorare la qualità dell’assistenza farmaceutica e dell’aderenza terapeutica.

Il 96% dei pazienti ha contattato immediatamente il farmacista per segnalare ADRs o cambiamenti nel trattamento; inoltre, il 98% dei pazienti avrebbero voluto continuare ad essere monitorati al termine dello studio. Infine, è stato riportato un incremento del 124% delle segnalazioni spontanee.

Take home message

Lo studio di Fornasier e colleghi dimostra l’importanza di una farmacovigilanza pro-attiva e della presenza del farmacista clinico nel l’équipe curante per ridurre il fenomeno delle sottosegnalazioni e apportare nuove informazioni relative ai nuovi farmaci, contribuendo a migliorare la sicurezza del paziente e il processo decisionale nelle attività regolatorie dell’Autorità Competente.

A tal fine, le reali condizioni della pratica clinica quotidiana si rivelano necessarie per evidenziare tutte le possibili reali tossicità imputabili ai nuovi farmaci. Inoltre, il monitoraggio del paziente può contribuire a migliorare il grado di soddisfazione e a prevenire la scorretta autogestione della terapia e le conseguenti ADRs.

Articolo recensito
Targeted therapies and adverse drug reactions in oncology: the role of clinical pharmacist in pharmacovigilance. Int J Clin Pharm. 2018 Aug;40(4):795-802

Autori
Fornasier G, Taborelli M, Francescon S, Polesel J, Aliberti M, De Paoli P, Baldo P.

PubMed link: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/29785683

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