Potenziale della farmacogenomica in pazienti oncologici in stadio avanzato

Differenze interpaziente di efficacia e tossicità sono costantemente osservate in molte terapie farmacologiche. Per ridurre al minimo tali differenze, fattori demografici, biologici e farmacologici che influenzano gli outcome della terapia sono valutati di routine.

I polimorfismi germinali associati al metabolismo e al trasporto del farmaco e ai bersagli farmacologici rappresentano un importante fattore associato alla variabilità di risposta ai farmaci. Sono stati identificati numerosi polimorfismi che possono influenzare l’efficacia e la tossicità della terapia farmacologica, contribuendo ai risultati sui pazienti.

Dal 2007 la FDA ha iniziato ad apporre informazioni farmacogenetiche sull’etichetta dei farmaci e da allora le etichette di circa il 10% dei farmaci approvati contengono questo tipo di informazioni.

Inoltre, il Clinical Pharmacogenetics Implementation Consortium (CPIC) annovera attualmente linee guida basate su evidenze scientifiche per il dosaggio di 36 farmaci diversi.

Il miglioramento dei costi e la facilità della genotipizzazione hanno reso fattibile valutare preventivamente aspetti farmacogenomici dei pazienti sulle variazioni che possono avere un impatto sulla loro terapia farmacologica.

Il potenziale di questo approccio è stato studiato da Schildcrout e collaboratori presso il centro medico universitario Vanderbilt con un’analisi retrospettiva delle terapie di circa 53.000 pazienti al fine di identificare quelle con associazioni farmacogenetiche.

I risultati suggeriscono che una porzione significativa di pazienti sono esposti a farmaci con consolidate associazioni farmacogenetiche, con il 65% dei pazienti che dovrebbe ricevere almeno 1 trattamento farmacogenetico su un periodo di 5 anni e più del 10% che dovrebbe ricevere almeno 4 trattamenti.

Da allora, Vanderbilt ha lanciato PREDICT (Pharmacogenomic Resource for Enhanced Decisions in Care and Treatment), risorsa farmacogenomica utilizzata per genotipizzare prospetticamente pazienti che hanno la probabilità di ricevere terapie farmacogenetiche entro i prossimi 3 anni al fine di personalizzare il trattamento secondo i risultati del test genetico.

Dati preliminari di PREDICT hanno dimostrato che una porzione significativa di pazienti possiede una variazione nelle mutazioni germinali che può influire sulla terapia farmacologica, con il 91% dei casi con una variante attivabile, correlata ad almeno 1 su 5 DGI (drug-gene interactions).

L’utilità clinica di genotipizzare in maniera preventiva alcune popolazioni di pazienti ad alto rischio è stata dimostrata da Elliot e collaboratori. In questo studio, pazienti anziani ospedalizzati in terapia con farmaci a regolazione farmacogenetica (pharmacogenetically actionable medications), alla dimissione sono stati randomizzati a ricevere la profilazione farmacogenetica con terapia modificata sulla base dei risultati.

Tali pazienti hanno mostrato un minor tasso di riospedalizzazione e di ingressi al pronto soccorso a 60 giorni dalla dimissione, rispetto ai pazienti non valutati farmacogenomicamente.

Background

PREDICT e altre iniziative simili si focalizzano principalmente su pazienti che soffrono di patologie cardiovascolari. Data l’elevata morbilità/mortalità, la frequente esposizione sanitaria e l’elevato utilizzo dei farmaci, i pazienti oncologici sono una popolazione ad alto rischio che potrebbe beneficiare dalla genotipizzazione preventiva.

In aggiunta alle variabili paziente-specifiche che influenzano la scelta del farmaco, la conoscenza delle variabili genetiche dei pazienti oncologici potrebbe ulteriormente migliorare gli outcome di trattamento e presentare un nuovo paradigma per le terapie personalizzate.

Scopo

Dal momento che in letteratura non è nota la misura in cui i pazienti oncologici assumono farmaci con associazioni farmacogenetiche, lo scopo dello studio di Nichols e collaboratori è stato quello di valutare la prevalenza di pazienti oncologici in stadio avanzato in terapia con farmaci a regolazione farmacogenetica.

Materiali e metodi

Nel presente studio osservazionale, retrospettivo, condotto in unico centro, sono stati inclusi 193 pazienti. Sono stati considerati i seguenti criteri di inclusione: sospetto clinico o conferma istologica di tumore solido o ematologico; test genetico del tumore; almeno una terapia precedente; età superiore ai 18 anni; performance status ECOG (Eastern Cooperative Oncology Group) ≤ 3; aspettativa di vita maggiore di 3 mesi. I pazienti sono stati esclusi se presentavano una condizione medica non controllata (ad esempio, infezioni attive o aritmia cardiaca), o se erano in stato di gravidanza.

I dati raccolti comprendevano dati demografici (età, sesso, etnia), tipo(i) di cancro e terapia farmacologica in corso in ambito ambulatoriale. Quest’ultima è stata valutata per individuare i farmaci a regolazione farmacogenetica.

I farmaci sono stati considerati a regolazione farmacogenetica se inclusi nelle linee guida CPIC. Sono state stimate la prevalenza dei farmaci a regolazione farmacogenetica e la frequenza delle opportunità di prescrizione farmacogenetica.

La forza dell’evidenza dietro le potenziale raccomandazioni terapeutiche per pazienti con DGI è stata classificata come “forte”, “moderato” o “opzionale” sulla base di dati funzionali preclinici e dati clinici specifici di malattia, secondo le linee guida CPIC.

Dei 16 farmaci a regolazione farmacogenetica utilizzati nella coorte di studio, 8 sono stati selezionati per analizzare il numero di eventi avversi (adverse events, AE) evitabili con interventi appropriati.

Risultati

In totale, sono stati arruolati 193 pazienti con un’età media d 60 anni. Il 47% era di sesso maschile e il 95% erano caucasici. Le diagnosi più comuni sono state: tumori gastrointestinali (22%), cancro al polmone (22%), e patologie ematologiche maligne (21%).

Per quanto riguarda la prevalenza di farmaci a regolazione farmacogenetica, il 65% dei pazienti stava assumendo almeno 1 farmaco a regolazione farmacogenetica (1 farmaco: 38%; 2 farmaci: 24%; 3 farmaci: 3%).

In ambito ambulatoriale sono stati assunti 2.077 farmaci, con una media di 11 farmaci per paziente. Di questi farmaci, il 9% presentava un’associazione farmacogenetica. I farmaci a regolazione farmacogenetica maggiormente utilizzati sono stati: ondansetron (47%), capecitabina (10%), sertralina (7%), simvastatina (5%) e warfarin (5%).

I pazienti con carcinoma mammario hanno dimostrato la maggior prevalenza d’uso di farmaci a regolazione farmacogenetica (89%), seguiti da pazienti con tumori testa-collo (78%), tumore al polmone (76%), e tumori gastrointestinale (72%). Nei pazienti con patologie ematologiche maligne è stata riscontrata la prevalenza minore (54%).

Il 45% e il 39% dei DGI associati a farmaci a regolazione farmacogenetica utilizzati dalla coorte di studio avevano una forza della raccomandazione classificata come forte o moderata, rispettivamente.

Utilizzando le frequenze di variazione genetica è stato stimato che il 7,1% dei pazienti avrà un DGI e sarebbe quindi ammissibile ad un adeguamento terapeutico a base farmacogenetica descritto nelle linee guida CPIC. Di questi pazienti, il 3,8% è stato stimato come idoneo per un “forte” aggiustamento terapeutico e il 3,3% dei pazienti è stato stimato come idoneo per un aggiustamento terapeutico “moderato”.

Nel complesso, è stato stimato che la genotipizzazione preventiva potrebbe impedire 101 eventi avversi per 10.000 individui. I farmaci col maggior numero di AE prevenibili sono risultati ondansetron (48 AE prevenuti), capecitabina (26 AE prevenuti), e codeina (10 eventi avversi prevenuti) tra 10.000 soggetti testati.

Take-home message

Lo studio di Nichols e collaboratori ha dimostrato che i farmaci con associazione farmacogenetica sono comunemente utilizzati nei in pazienti oncologici in stadio avanzato. Questa esposizione diffusa supporta l’implementazione della genotipizzazione preventiva nel trattamento di questa popolazione ad alto rischio.

Articolo recensito
Pharmacogenomic potential in advanced cancer patients. Am J Health Syst Pharm. 2019 Mar 19;76(7):415-423

Autori
Nichols D, Arnold S, Weiss HL, Wu J, Durbin EB, Miller R, Kolesar J.

PubMed link: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/31361818

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