Quando un paziente viene ammesso in ospedale per un intervento chirurgico è possibile che stia già assumendo dei farmaci, prescritti in precedenza magari per gestire una patologia cronica. Ciò è particolarmente vero quando si parla di pazienti anziani, ma può essere tale anche per pazienti più giovani.
Il fatto è che il percorso peri-operatorio fa uso di varie sostanze farmacologiche, quantomeno per finalità anestetiche, e che nel post-operatorio spesso si procede con la prescrizione di altri farmaci. Per evitare l’assunzione di farmaci tra loro in opposizione, in sinergia o ridondanti, sarebbe sempre utile l’intervento del farmacista clinico, addetto al processo di riconciliazione. Purtroppo, questo percorso non è ancora completamente implementato in tutte le strutture ospedaliere, ancor meno se si ampia lo sguardo e si osserva cosa accade nel mondo.
Uno studio libanese pone l’accento proprio sull’efficacia dell’intervento del farmacista ospedaliero entro 48 ore dal ricovero in Chirurgia nel migliorare la riconciliazione e offrire ai pazienti un trattamento farmacologico più sicuro.
Questo studio, pubblicato su Journal of Pharmaceutical Policy and Practice, si concentra in particolare sulla chirurgia ortopedica ed è stato condotto in un ospedale universitario di terzo livello, il Lebanese American University Medical Center – Rizk Hospital di Beirut. I pazienti coinvolti, in tutto 100 e di età media 73.8 anni, assumevano almeno un farmaco prescritto fuori dall’ospedale. Metà ne assumeva in realtà più di 5.
Di norma in Libano il farmacista ospedaliero non ha grande spazio nel processo di riconciliazione della terapia farmacologica, ma in questo studio il processo è stato condotto da un farmacista propriamente formato. Lo strumento utilizzato è stato il Best Possible Medication History (BPMH) che ha richiesto, in media, 8 minuti per paziente per essere messo in pratica.
Il farmacista coinvolto ha così individuato 110 errori di riconciliazione, tutti ascrivibili a 74 pazienti: nell’89.1% dei casi si parla di omissione di farmaco e i farmaci implicati sono per lo più agenti antiperlipidemici. 24 di questi errori sono stati considerati significativi da un punto di vista clinico e 4 seri. Per scendere ancora più nel dettaglio, nel 71.9% dei casi si è aggiunto un farmaco e l’84.5% delle ritrasmissioni effettuate sono state accettate dal medico di riferimento.
Lo studio evidenzia anche che la probabilità di incorrere in un errore di riconciliazione cresce all’aumentare del numero di farmaci assunti a casa, perché ovviamente aumenta anche la complessità del caso.
Come detto, gli autori concludono sottolineando l’utilità dell’intervento del farmacista clinico nel percorso chirurgico del paziente, meglio se entro 48 dall’ammissione. Quanto è vero per le Unità di Chirurgia Ortopedica può esserlo anche per altri ambiti Chirurgici: questo studio, quindi, apre le porte a ulteriori ricerche e approfondimenti.
(Lo studio: Ouweini AE, Karaoui LR, Chamoun N, Assi C, Yammine K, Ramia E. Value of pharmacy services upon admission to an orthopedic surgery unit. J Pharm Policy Pract. 2021 Dec 6;14(1):103. doi: 10.1186/s40545-021-00384-x. PMID: 34872605)
Stefania Somaré