Reithera finanziata dalla Fondazione Gates per produrre un nuovo vaccino anti-Covid

Riparte la corsa del vaccino made in Italy contro il Covid. E lo fa grazie al finanziamento di 1,4 milioni di dollari che la Fondazione Bill & Melinda Gates ha di recente erogato a favore di Reithera, l’azienda produttrice con sede a Castel Romano, a una trentina di chilometri dalla capitale.

Il nuovo vettore adenovirale Grad

Per comprendere l’importanza della sovvenzione, è necessario tornare ai primi mesi della pandemia, quando la società biotecnologica aveva messo a punto il siero denominato Grad-Cov-2, basato su un adenovirus di gorilla brevettato (chiamato Grad), modificato in laboratorio per inibirne la replicazione. Tale virus, impiegato con funzione di vettore, trasporta le istruzioni genetiche affinché le cellule producano la proteina spike, che il Sars-Cov-2 utilizza per infettarle.

«Grad appartiene agli adenovirus di tipo C, i vettori più potenti per trasportare i vaccini, che hanno nel contempo una ridotta sieroprevalenza negli esseri umani», spiega Stefania Capone, direttore dell’Unità di Immunologia Preclinica e Clinica di Reithera. «Ciò significa che l’immunogenicità del siero non viene ostacolata da preesistenti anticorpi anti-adenovirus umani. Del resto, la nostra azienda ha già esperienza in proposito, visto che ha utilizzato vettori adenovirali derivanti dalle scimmie come vaccini genetici contro varie malattie infettive, tra cui Ebola e virus respiratorio sinciziale».

Contro le varianti del virus

Dopo la somministrazione del siero, il sistema immunitario dell’organismo si attiva producendo anticorpi e linfociti T.
«Questo tipo di vaccino induce meglio di altri risposte persistenti», sottolinea l’esperta. «Diversamente da ciò che accade nel caso dell’immunità anticorpale, quella linfocitaria non perde, infatti, potenza contro le varianti virali che destano maggiori preoccupazioni».

Altri vantaggi del preparato sono la conservazione a temperature di frigorifero (tra i 2 e gli 8 gradi) e un processo produttivo basato su tecnologie monouso, che potrebbe essere facilmente trasferito a siti esterni per la produzione nei Paesi in cui i vaccini scarseggiano.

Gli studi realizzati

Con questi presupposti, a luglio 2020 era iniziato lo studio di fase 1 su 90 volontari reclutati dall’Istituto nazionale per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma e dal Policlinico universitario Giovanni Battista Rossi di Verona. A marzo 2021 è, invece, cominciato lo studio di fase 2, condotto in 24 centri sul territorio italiano per un totale di 917 volontari, di cui il 25% di età superiore a 65 anni o con comorbidità.

Da tali sperimentazioni è emerso che il vaccino è sicuro e ben tollerato, con eventi avversi limitati a tensione nel sito di iniezione, affaticamento, dolori muscolari, cefalea, e che presenta un’efficacia superiore al 93% dopo una singola dose e di oltre il 99% con due dosi.

Risultati che supportano la decisione di procedere con uno studio di fase 3. Il programma di quest’ultimo, basato su un disegno di non-inferiorità con end-point primario immunologico in comparazione con un vaccino a vettore virale già commercializzato, ha ricevuto parere positivo da varie agenzie regolatorie, inclusa l’European medicines agency.

Lo stop della Corte dei Conti

Il problema è che l’ultima fase della sperimentazione non è mai stata avviata per mancanza di finanziamenti. Nel maggio 2021 la Corte dei Conti ha, infatti, bloccato il decreto che avrebbe dovuto attivare i fondi pubblici (81 milioni di euro) destinati all’azienda, affermando che il loro investimento non era limitato ad attività strettamente correlate allo sviluppo del vaccino, ma includeva anche l’ampliamento dello stabilimento produttivo della società.

Comunque sia, ora la sovvenzione elargita dalla fondazione statunitense potrebbe contribuire a rimettere in moto un progetto che ha rischiato di arenarsi.

Anche contro l’Hiv

Ma l’accordo siglato dall’ente che fa capo al fondatore di Microsoft e da Reithera non si limita al Covid. Il programma prevede, infatti, che l’azienda italiana supporti anche la lotta contro l’Hiv, contribuendo allo sviluppo di vaccini innovativi. Un’iniziativa che ha anche un risvolto solidale, visto che a trarre beneficio dai risultati dovrebbero essere soprattutto i Paesi a basso e medio reddito, in particolare l’Africa, i più colpiti dal virus che, se non fermato in tempo, provoca l’Aids.

Paola Arosio