Polifarmacia, un intervento olandese

Con l’aumento dell’età media della popolazione e di soggetti affetti da più patologie croniche è cresciuto anche il fenomeno della polifarmacia. Non di rado, inoltre, ai tanti farmaci prescritti dai vari medici specialisti curanti se ne affiancano anche altri di autocura, mettendo il soggetto a rischio di eventi avversi. Il rischio è tanto maggiore in soggetti anziani, caratterizzati da equilibri fisiologici delicati e, per questo, più fragili del resto della popolazione.

Dato il background, non mancano esempi di sperimentazioni atte a rivalutare le polifarmacoterapie per selezionare solo i farmaci realemente necessari per il benessere del paziente, scartando quelli in eccesso o ridondanti. Spesso il setting di questi studi è il Pronto Soccorso, o comunque il Dipartimento di Emergenza-Urgenza di un ospedale, dove giungono anziani con reazioni avverse ascrivibili proprio all’uso eccessivo di farmaci.
Per fare un esempio, un lavoro olandese ha valutato l’impatto di un programma ambulatoriale di riconciliazione farmaceutica sul numero di accessi al Pronto Soccorso legati a eventi avversi ai farmaci e sulle ammissioni ospedaliere.

Inoltre, gli autori hanno osservato eventuali cambiamenti accorsi alle terapie dopo la valutazione ambulatoriale. Condotto presso il Zuyderland Medical Centre, nel Sud dei Paesi Bassi, lo studio ha coinvolto 200 pazienti assistiti presso l’ambulatorio della clinica geriatrica. Età media del campione, 82 anni.
Per ognuno di questi pazienti gli autori hanno registrato i farmaci assunti, classificandoli in base all’Anatomical Therapeutic Chemical Classification System: la lista è stata poi valutata indipendentemente tanto dal geriatra quando da un farmacista, sebbene a causa di condizioni organizzative il farmacista sia intervenuto solo in 54 casi.
Alla fine di questo primo passaggio, tutte le terapie in atto sono state rivalutate anche dal Clinical Decision Support System, organo allestito all’interno dell’ospedale olandese per studiare nel dettaglio le terapie di tutti i pazienti ricoverati.

Il primo dato interessante riguarda le categorie di farmaci più utilizzate: agenti antitrombotici (64%), inibitori della pompa protonica (59%), formulazioni che agiscono sul sistema renina-angiotensina (48%), statine (44%), vitamina D (42%), diuretici (42%), agenti beta-bloccanti (41%). Inoltre, nel 25% dei casi i pazienti usano anche sedativi, come benzodiazepine.

Per quanto riguarda l’impatto del lavoro ambulatoriale sugli accessi al Pronto Soccorso, non si nota una differenza in termini numerici, sebbene ci sia una riduzione delle emergenze legate a eventi avversi dovuto a farmaci. Inoltre, calano i casi di cadute e fratture associate, che passano dal 37.4% al 24%. Contemporaneamente, però, sembrano aumentare i casi si emorragia intracranica.
Per concludere, l’intervento non ha impatto sulla frequenza di ricoveri.
Nelle conclusioni, gli autori sottolineano il valore di riuscire a ridurre gli accessi al Pronto Soccorso legati a eventi avversi farmaco correlati, rimarcando l’importanza di una valutazione plurima dei regimi terapeutici dei pazienti.

(Lo studio: Zwietering, N., Linkens, A., van der Kuy, P. et al. Evaluation of a multifaceted medication review in older patients in the outpatient setting: a before-and-after study. Int J Clin Pharm (2023). https://doi.org/10.1007/s11096-022-01531-3)