Parkinson, opicapone efficace anche in fase precoce

Il morbo di Parkinson è una patologia neurodegenerativa progressiva, che colpisce circa sei milioni di persone nel mondo.
L’agente terapeutico fondamentale per il trattamento è oggi la levodopa, un farmaco ben tollerato ed efficace, che viene, però, ampiamente metabolizzato in periferia da dopa decarbossilasi e catecol-o-metiltransferasi.

Di conseguenza, solo l’1% raggiunge il cervello. Inoltre, a mano a mano che la malattia avanza, la durata di ciascuna dose diventa più breve, con lo sviluppo di complicanze motorie, le cosiddette fluttuazioni di fine dose.

Un inibitore delle catecol-o-metiltransferasi

Per ovviare a questi problemi, o comunque per cercare di limitarli, si possono mettere in pratica diverse strategie: introdurre dei cicli di sospensione del medicinale (drug holiday), ritardare il più possibile l’inizio della terapia, ridurre la dose somministrata.

Una diminuzione del dosaggio, a parità di effetti terapeutici, è possibile aggiungendo al trattamento standard opicapone, un inibitore delle catecol-o-metiltransferasi, che riduce la degradazione periferica della levodopa, consentendone un maggior assorbimento da parte del sistema nervoso centrale, con conseguente incremento dell’attività curativa.

La sicurezza e l’efficacia della molecola aggiuntiva sono state dimostrate in due studi, Bipark 1 e Bipark 2, cui è seguita nel giugno 2016 l’autorizzazione al commercio da parte dell’ente regolatorio europeo.

Il nuovo studio

Sono stati ora resi noti i primi dati di una sperimentazione che depone a favore dell’uso precoce del farmaco.
Si tratta dello studio di fase 3 Epsilon, in doppio cieco, randomizzato, a gruppi paralleli, disegnato per valutare la sicurezza e l’efficacia di opicapone in 350 pazienti, di età compresa tra i 30 e gli 80 anni d’età, trattati con tre o quattro dosi orali giornaliere di levodopa, in fase iniziale di malattia, quando non presentano ancora segni di complicanze motorie.

I partecipanti sono stati divisi in due gruppi: il primo ha ricevuto il principio attivo, il secondo il placebo. Dopo 24 settimane, è emerso che il farmaco ha ottenuto risultati significativamente superiori rispetto al placebo nel Movement Disorder Society-Sponsored Revision of the Unified Parkinson’s Disease Rating Scale.

«Questi dati, oltre a costituire preziose informazioni aggiuntive per gli specialisti, dimostrano il potenziale d’uso del medicinale in un nuovo gruppo di assistiti», ha commentato Joaquim Ferreira, professore di neurologia e farmacologia clinica all’Università di Lisbona, in Portogallo, e primo firmatario della ricerca.

I prossimi passi

Il produttore di opicapone intende dare il via, dopo l’estate, a un piano di comunicazione scientifica per la presentazione e la discussione dei risultati. Verranno coinvolte anche le autorità regolatorie per definire gli step necessari affinché i pazienti possano beneficiare di questa opportunità terapeutica.