Alzheimer e declino cognitivo: i polifenoli possono agire da prevenzione?

Presenti soprattutto nei frutti rossi e nel cacao, i polifenoli sono sotto studio per capire se abbiano la capacità di proteggere le funzioni cerebrali e se, in questo processo, sia coinvolto anche il microbioma intestinale.

Negli ultimi anni il mondo della ricerca si è concentrato molto sullo studio del microbioma umano e delle sue influenze non solo sullo stato di salute generale, ma anche sullo sviluppo di patologie. Nel tempo si è scoperto che il microbiota intestinale, per esempio, è importante per la salute del sistema immunitario, oltre che per la protezione locale da patologie batteriche e virali… ma non solo.

Si parla anche di microbiota polmonare e del suo ruolo nello sviluppo di patologie locali, ma anche di come utilizzarlo per prevedere la risposta dei pazienti alle terapie. Ora uno studio finanziato dal statunitense National Institutes of Health (NIH) e da agenzie europee intende indagare la relazione esistente, se c’è, tra polifenoli, microbiota cerebrale e salute cognitiva.

L’idea è, quindi, valutare se i polifenoli possano contribuire a preservare le capacità cognitive dell’individuo nel corso degli anni e se, in questo processo, vi sia implicazione del microbiota intestinale e dei metaboliti che produce.
Lo studio MAEVE – acronimo per “Microbiota mediated flavonoid metabolites for cognitive health” – sarà condotto dalla UCLA Health in collaborazione con ricercatori irlandesi, provenienti tanto dall’Irlanda del Nord, quanto dalla Repubblica di Irlanda.

Le agenzie europee coinvolte sono la Science Foundation Ireland (SFI) e la Public Health Agency Health & Social Care (HSC).

Uno studio lungo e complesso

MAEVE è uno studio multicentrico internazionale, con durata prevista di cinque anni, che può essere suddiviso in quattro fasi. La prima riguarda lo studio dell’effetto proattivo che un integratore di polifenoli alimentari può avere sul cervello e sui parametri cognitivi. I pazienti coinvolti sono 300, over 50 e con un alto rischio di sviluppare Alzheimer. Nel secondo step, infatti, i ricercatori verificheranno se l’assunzione di polifenoli vada a modificare i marker infiammatori e i marker associati all’Alzheimer stessa.

Il terzo passaggio riguarderà invece il metabolita intestinale: gli autori useranno la bioinformatica e algoritmi di intelligenza artificiale per individuare associazioni tra l’assunzione dei polifenoli, la salute del microbiota intestinale e i marker infiammatori e di Alzheimer, i parametri del cervello e la funzione cognitiva.

Da ultimo, si andranno a ricreare le condizioni di studio su un modello animale, in topo, per studiare meglio i meccanismi alla base delle osservazioni che si otterranno.

La parola agli esperti

Arpana Church, co-direttore dell’UCLA Goodman-Luskin Microbiome Center, spiega: “in questo studio multicentrico, longitudinale e translazionale, vogliamo guardare i meccanismi e i pathway coinvolti nell declino cognitivo. Ci stiamo concentranso su diversi marker: quelli di funzionamento cognitivo, di struttura e funzionamento del cervello, i metaboliti dei polifenoli prodotti dal microbioma, marker infiammatori come interleuchina e marcher specifici per l’Alzheimer, come le proteine tau, ptau181 and ptau217”.