Nel 2016 più di 1,9 miliardi di adulti erano in sovrappeso, condizione definita da un indice di massa corporea uguale o superiore a 25. Di questi, oltre 650 milioni presentavano obesità, definita da un indice uguale o superiore a 30. La World Obesity Federation prevede che entro il 2025 ben 2,7 miliardi di adulti potrebbero convivere con sovrappeso o obesità, con un onere elevato a livello individuale, sociale, sanitario.
A fronte di questi numeri, contrastare tali patologie rappresenta una sfida, che deve essere affrontata con consapevolezza e competenza, anche disponendo di trattamenti farmacologici adeguati.
Doppio meccanismo di azione
In proposito, durante l’83ᵃ edizione delle Scientific sessions dell’American Diabetes Association, tenutasi dal 23 al 26 giugno 2023 a San Diego, in California, sono stati presentati ulteriori dati positivi riguardanti survodutide, molecola prodotta da Boehringer Ingelheim e da Zealand Pharma, che attiva contemporaneamente i recettori del Glp-1 e del glucagone, inibendo l’appetito da un lato e aumentando il dispendio energetico attraverso il fegato dall’altro.
Uno studio su quasi 400 pazienti
I risultati sono frutto di uno studio di fase 2, randomizzato, a gruppi paralleli, per la ricerca della dose, condotto in vari centri in Nord America, Europa, Australia, Asia e pubblicato su Diabetes.
I ricercatori hanno coinvolto 387 pazienti di età compresa tra i 18 e i 75 anni, con un indice di massa corporea uguale o superiore a 27, senza diabete di tipo 2, di cui il 32% uomini e il 68% donne. Hanno diviso i partecipanti in due gruppi: uno ha ricevuto il principio attivo per via sottocutanea (al dosaggio di 0,6, 2,4, 3,6, 4,8 mg), l’altro il placebo per 46 settimane (di cui 20 di rapido incremento della dose e 26 di mantenimento).
Risultati promettenti
Trascorso tale periodo, i pazienti hanno evidenziato una diminuzione del peso del 6,2% con il medicinale alla dose di 0,6 mg, del 12,5% a 2,4 mg, del 13,2% a 3,6 mg, del 14,9% a 4,8 mg e del 2,8% con il placebo. Una perdita di peso del 5, 10 o 15% è stata raggiunta rispettivamente dall’82,8%, dal 68,8% e dal 54,7% degli assistiti che avevano assunto la dose di 4,8 mg e dal 25,9%, dall’11,1% e dal 5,6% di quelli che avevano assunto il placebo. I pazienti che hanno raggiunto e mantenuto il dosaggio di 4,8 mg hanno ottenuto una perdita di peso del 18,7%.
Poiché la riduzione ponderale non ha raggiunto il plateau alla settimana 46, si può ipotizzare un ulteriore dimagrimento prolungando il trattamento.
Gli effetti collaterali
Eventi avversi si sono verificati nel 90,9% dei pazienti nel gruppo trattato con survodutide e nel 75,3% di quelli nel gruppo trattato con placebo. Tra gli effetti indesiderati più comuni sono stati annoverati nausea, vomito, diarrea, costipazione, perlopiù lievi o moderati.
Il 24,6% degli assistiti che hanno assunto il principio attivo e il 3,9% di quelli che hanno assunto il placebo hanno interrotto la terapia a causa dei disturbi riscontrati, principalmente durante l’aumento della dose.
«Ciò suggerisce che un incremento graduale del dosaggio potrebbe potenzialmente mitigare gli effetti collaterali», ha osservato Carel Le Roux, professore ordinario di Patologia sperimentale all’University College di Dublino, in Irlanda, e principal investigator dello studio.
Servono ulteriori studi
«Considerata l’elevata prevalenza dell’obesità e le numerose complicazioni a essa correlate, c’è bisogno di trattamenti che possano contribuire a curare efficacemente la malattia», ha commentato Le Roux. «I dati ottenuti sono incoraggianti e supportano ulteriori studi di fase 3 più ampi».
«Questa nuova classe di farmaci ha dimostrato di avere un impatto rilevante sulla perdita di peso in poco tempo», ha affermato Emanuela Patorno, professore associato di medicina alla Harvard Medical School di Boston, in Massachusetts. «Tuttavia, sono necessarie ulteriori ricerche per stabilire se la diminuzione ponderale viene mantenuta nel tempo».
Attualmente il farmaco è in sperimentazione, in uno studio di fase 2, anche in pazienti con steatosi epatica non alcolica e fibrosi epatica agli stadi F1, F2, F3. La ricerca dovrebbe concludersi nell’ultimo trimestre del 2023.