Nuovi dati per il trattamento dell’edema maculare diabetico

La retinopatia diabetica è tra le complicanze più frequenti del diabete mellito, sia di tipo 1 sia di tipo 2, con un’incidenza che varia tra il 30% e il 50% nei pazienti insulino-dipendenti ed è di circa il 10% negli altri. A lungo andare, la retinopatia diabetica può portare all’edema maculare diabetico, caratterizzato da un eccesso di liquidi a livello della macula.
Secondo il Wisconsin Epidemiologic Study of Diabetic Retinopathy, circa il 20% dei soggetti diabetici sviluppa questa patologia a 10 anni di follow-up e le previsioni indicano un aumento percentuale nei prossimi anni.

Tra le possibili soluzioni terapeutiche per questi pazienti c’è aflibercept, sviluppato congiuntamente da Bayer e Regeneron e già usato in sinergia con la chemioterapia per trattare vari tumori solidi.
La molecola, infatti, è capace di inibire l’angiogenesi. Nel caso dell’edema maculare, il piano terapeutico prevede la somministrazione direttamente in occhio di 2 mg ogni 8 settimane per 2 anni. Ora ci sono i dati di 2 studi nuovi registrativi che hanno valutato gli effetti di una somministrazione di 8 mg da somministrare ogni 16-24 settimane: PHOTON e PULSAR, entrambi condotti su 1.164 pazienti.

Il primo riporta i risultati di un follow-up a 2 anni del trattamento terapeutico a 16-24 settimane, con esiti di efficacia e sicurezza non dissimili da quelli del trattamento più ravvicinato e a dosi minori.
Nel periodo preso in esame, l’89% dei pazienti è riuscito infatti a mantenere l’intervallo di 16 settimane, percentuale che sale al 93% se si considera un intervalle di 12 settimane, comunque più lungo dello standard. Non solo. Ci sono stati pazienti per i quali è stato possibile estendere il periodo tra le due somministrazioni successive, sopra le 20 settimane (43%) e a 24 settimane (27%).

Il dott. Christian Rommel, membro del Comitato Esecutivo della Divisione Pharmacuticals di Bayer e responsabile della Ricerca e Sviluppo, spiega: «l’edema maculare diabetico è una delle principali cause di perdita della vista, e noi ci impegniamo a sostenere i pazienti con intervalli di trattamento prolungati, per alleviare il disagio della malattia. I dati attuali sottolineano che aflibercept 8 mg determina un controllo duraturo, maggiore e più lungo della malattia rispetto ad aflibercept 2mg utilizzato con un regime di dosaggio fisso».

La prof.ssa Sobha Sivaprasad, consulente oftalmologo del Moorfields Eye Hospital di Londra e membro del Comitato Direttivo dello Studio PHOTON, aggiunge: «siamo molto soddisfatti di vedere che aflibercept 8 mg ha permesso a una percentuale senza precedenti di pazienti, di estendere gli intervalli di trattamento fino a 24 settimane, durante i due anni di trattamento, con risultati comparabili al braccio di confronto aflibercept 2 mg.

Questi risultati clinicamente importanti dimostrano che il peso della malattia può essere ridotto per molti altri pazienti in futuro, contribuendo a migliorare l’aderenza alla terapia e quindi gli esiti per i pazienti stessi».

La somministrazione oculare non è infatti apprezzata da molti pazienti, che rischiano di decidere di stoppare la terapia. Prolungare i tempi tra due somministrazioni, inoltre, porta vantaggi anche gestionali, tanto ai pazienti che devono comunque farsi accompagnare da qualcuno, quanto ai centri esperti.

Entro il 2024 dovrebbero arrivare anche i risultati dello studio registrativo PULSAR, concentrato sull’uso di aflibercept 8 mg in soggetti con degenerazione maculare neovascolare (essudativa) correlata all’età.