Da Delta a Omicron fino a Xe, le nuove varianti o ricombinazioni del Sars-Cov-2 si rincorrono, nel tentativo di sfuggire agli anticorpi. Ciò rende necessari, oltre ai vaccini, nuovi strumenti per contrastare l’infezione.
È in questo contesto che l’Aids clinical trials group (Actg), la più grande organizzazione internazionale di ricerca sull’Hiv che ha di recente ampliato la propria area di interesse per includere il nuovo Coronavirus, con il finanziamento del National Institute of Allergy and Infectious Diseases, facente parte dei National Institutes of Health, sta conducendo una sperimentazione su un nuovo agente anti-Covid.
Un inibitore delle proteasi
In particolare, a fine marzo è stato avviato lo studio globale di fase 3 chiamato Scorpio-Hr, multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, della durata di 48 settimane, che ha l’obiettivo di valutare la sicurezza e l’efficacia di S-217622, un inibitore della proteasi 3CL, enzima essenziale per la replicazione del virus.
La molecola, un trattamento orale da assumere una volta al giorno entro cinque giorni dall’insorgenza dei sintomi, è indicata per adulti con Covid ad alto rischio e non ricoverati.
La ricerca, che sarà condotta in numerosi centri in Europa, Sud America, Nord America, Africa, Asia e coinvolgerà circa 1.700 adulti, randomizzati in modo tale che due terzi ricevano il principio attivo e un terzo il placebo, terminerà nel 2023.
Una possibile arma in più
Questo studio segue i risultati positivi delle sperimentazioni di fase 2a e fase 2b, condotte principalmente in Giappone, che hanno dimostrato un’attività antivirale significativa della molecola e la rapida cessazione della diffusione del virus in seguito alla sua assunzione.
«I risultati ottenuti nelle ricerche condotte fino a oggi sono incoraggianti e l’avvio della fase 3 dello studio lascia sperare che presto avremo un’ulteriore arma per combattere efficacemente il Covid-19», commenta Matteo Bassetti, professore ordinario di Malattie infettive all’Università di Genova e direttore della Clinica di Malattie Infettive dell’Ospedale San Martino.
«La nuova molecola rappresenta una potenziale importante aggiunta alle opzioni terapeutiche di cui già disponiamo, in particolare per i pazienti più fragili e quindi più esposti al rischio di sviluppare la malattia in forma grave. Inoltre, il farmaco sembra efficace sia contro la sotto-variante Omicron attualmente circolante, sia contro altre varianti esistenti».
Paola Arosio