Una survey condotta su 15 centri oncologici ha messo in luce le criticità da migliorare per offrire il migliore iter terapeutico possibile ai pazienti con microcitoma.

Ogni anno circa 6 mila pazienti ricevono una diagnosi di carcinoma polmonare a piccole cellule, uno tra i tumori più aggressivi: strettamente legata al tabagismo, questa neoplasia origina dalle cellule neuroendocrine presenti nel polmone e ha un’evoluzione molto rapida.

Nel 75-80% dei casi, la diagnosi avviene in piena fase metastatica, con masse tumorali già presenti a carico di collo, cervello, ghiandole surrenali. Età media della diagnosi, intorno ai 70 anni. Al momento è un tumore che interessa principalmente gli uomini. La sopravvivenza a 2 anni dalla diagnosi si aggira tra il 20% e il 40%.

In Lazio si è da poco concluso un progetto durato 18 mesi e focalizzato proprio sul carcinoma a piccole cellule, per delineare lo stato dell’arte della sua presa in carico in Regione. I pazienti con carcinoma a piccole cellule del polmone spesso presentano già altre patologie e non di rado mostrano sintomatologie forti anche in fasi non metastatiche: si richiede quindi una presa in carico condivisa, con terapie palliativiste e antitumorali effettuate contemporaneamente.

Al progetto hanno lavorato 12 professionisti tra oncologi, radioterapisti, palliativisti e psicologi. Il progetto è partito con una Survey che ha permesso di far emergere le criticità su cui poi lavorare. 

I risultati della survey

Diverse le tematiche prese in considerazione dall’indagine, partendo dal discorso tabagismo per arrivare alle cure simultanee. Andiamo con ordine. Nel 74% dei casi i 15 centri oncologici di Regione Lazione garantiscono percorsi di disassuefazione al fumo di sigaretta, mentre la percentuale scende al 72% se si considerano riabilitazione ed esercizio fisico.

Una delle criticità più spesso rilevata è la scarsa presenza del palliativista nel team multidisciplinare: solo nel 35% dei centri questa figura è parte del team di lavoro che si occupa di pazienti con carcinoma polmonare a piccole cellule. Proseguendo, l’80% dei centri oncologici ha un PDTA formalizzato per la presa in carico di questa forma tumorale, mentre solo il 40% può offrire percorsi di cure simultanee e solo il 60% prende in considerazione il Quality of Life del paziente durante il percorso di cura.

Per quanto riguarda l’assessment completo del paziente, questo viene effettuato nel 66% delle strutture interpellate. Forte di questi dati, il team di lavoro ha elaborato alcune raccomandazioni strutturate in quattro aree d’intervento: cliniche, organizzative, panel di indicatori per il monitoraggio, sviluppo soft skills e inclusione del paziente.

Le nuove raccomandazioni di Regione Lazio

Pensando alle raccomandazioni elaborate dal team di lavoro del progetto, Mario Rosario D’Andrea, responsabile Rete Oncologica e Rete Cure Palliative, ASL Roma 4, spiega: «insieme a un team formato da professionisti e operatori sanitari abbiamo affrontato questa progettualità, con l’obiettivo di portare avanti un discorso più profondo che riguarda l’integrazione del palliativista nei gruppi di lavoro multidisciplinari, in modo da riuscire a gestire, sin dall’inizio della presa in carico del paziente, tutti i percorsi, cercando quindi di dare delle soluzioni a un problema che diventerà sempre più complesso e articolato, non solo in ospedale ma anche sul territorio. L’obiettivo del progetto sul microcitoma è quello di portare avanti un pensiero, un nuovo paradigma terapeutico».

L’esigenza di offrire cure simultanee dipende anche dal fatto che, oggi, i pazienti con carcinoma a piccole cellule del polmone possono essere trattati con l’immunoterapia, che offre qualche speranza in più, come spiega Sabrina Mariotti dell’UOSD Oncologia Medica presso il Policlinico Tor Vergata di Roma spiega: «il tumore del polmone a piccole cellule o microcitoma è una delle patologie più aggressive in oncologia. Già all’esordio si manifesta con sintomi invalidanti in pazienti di età medio-alta che hanno già delle comorbidità significative.
L’unione tra i sintomi legati alla malattia e le comorbidità rende una buona percentuale di questi pazienti non suscettibile di cure attive e da qui nasce perciò l’esigenza di gestire questa sintomatologia, cercando laddove possibile di portare alla curabilità quei pazienti che altrimenti perderebbero un’opportunità terapeutica. Oggi, infatti, il microcitoma si avvale di una nuova opportunità terapeutica che è l’immunoterapia, la quale soprattutto in uno stadio avanzato della malattia e nei trattamenti di prima linea e di mantenimento riesce a migliorare l’aspettativa di vita.
L’esigenza di un’integrazione tra cure attive e cure di supporto integrate quali sono le cure simultanee diventa prioritaria perché è in grado di migliorare non solo la qualità di vita dei pazienti con microcitoma, ma anche l’aspettativa di vita».

Ora occorre diffondere questo nuovo paradigma perché la maggior parte dei pazienti, almeno laziali, con questa patologia oncologica possano ricevere il trattamento migliore.