Tumore del polmone NSCLC con mutazione dell’EGFR: novità su amivantamab

Per i pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule con mutazione dell’EGFR, in stato avanzato, i nuovi dati degli studi Mariposa e Mariposa-2 forniscono importanti novità sull’efficacia di amivantamab.

Il tumore NSCLC è la più frequente forma di cancro polmonare, rappresentando l’85% circa delle neoplasie polmonari di nuova diagnosi. Tra queste, il 14% nella popolazione europea è legata a una mutazione dell’EGFR.

Importanti novità su amivantamab

Presentati alla World Conference on Lung Cancer 2024, i nuovi dati dello studio Mariposa hanno confermato una superiorità clinica a lungo termine della terapia amivantamab più lazertinib rispetto alla monoterapia con osimertinib come trattamento in prima linea.

Altresì, al congresso della European Society for Medical Oncology – ESMO 2024, i dati di Mariposa-2 hanno mostrato un significativo e duraturo miglioramento clinico con amivantamab associato a chemioterapia rispetto alla sola chemioterapia, dopo progressione della malattia.

Amivantamab è un anticorpo bispecifico completamente umano. In agosto 2024, il farmaco ha ricevuto l’approvazione europea per il trattamento in associazione a chemioterapia di pazienti con tumore NSCLC EGFR-mutato, con delezione dell’esone 19 (ex19del) o mutazione L858R, in stadio avanzato, dopo un fallimento precedente di una terapia a base di un inibitore tirosin chinasico (TKI) dell’EGFR. L’approvazione si è basata sui dati dello studio Mariposa-2.

Risultati dello studio Mariposa

I risultati dello studio di fase III Mariposa presentati al WCLC 2024 – tenutosi a San Diego dal 7 al 10 settembre – hanno mostrato un importante miglioramento della sopravvivenza globale, endpoint secondario chiave dello studio, con il trattamento in prima linea con amivantamab + lazertinib rispetto a osimertinib in monoterapia.

Più in particolare, dopo 3 anni di follow-up, il 61% dei pazienti trattati con amivantamab + lazertinib era ancora vivo rispetto al 53% di quelli trattati con osimertinib, con una riduzione del rischio di decesso pari al 23%.

L’efficacia clinica primaria è stata invece determinata come sopravvivenza libera da progressione. In tal senso, i risultati hanno mostrato un miglioramento anche nel controllo della malattia a livello del sistema nervoso centrale: dopo 3 anni di follow-up, la sopravvivenza libera da progressione intracranica osservata dopo il trattamento in combinazione di amivantamab + lazertinib è risultata doppia rispetto a quella osservata con osimertinib in monoterapia (rispettivamente, 38% vs 18%).

Altresì, dopo 3 anni un maggior numero di pazienti trattati con la combinazione non ha richiesto un trattamento successivo rispetto a coloro trattati con osimertinib (45% vs 32%). Nei casi in cui è stato necessario un trattamento successivo, la sopravvivenza libera da progressione per la combinazione a base di amivantamab è stata del 57% a fronte del 49% di osimertinib.

“La combinazione innovativa di amivantamab e lazertinib, un inibitore tirosin-chinasico di nuova generazione con un’elevata capacità di penetrare il sistema nervoso centrale, rappresenta una vera svolta terapeutica grazie al suo duplice meccanismo d’azione”, ha spiegato Antonio Passaro, oncologo medico della Divisione di Oncologia Toracica dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano.

“Rispetto al trattamento standard con osimertinib in monoterapia, la combinazione di amivantamab e lazertinib ha dimostrato un miglioramento sostanziale e a lungo termine come terapia di prima linea”.

Risultati dello studio Mariposa-2

I nuovi dati dello studio di fase III Mariposa-2, presentati all’annuale congresso ESMO 2024 – tenutosi a Barcellona dal 13 al 17 settembre – hanno mostrato i benefici clinici del trattamento con amivantamab in associazione a chemioterapia rispetto alla sola chemioterapia in pazienti con tumore NSCLC EGFR-mutato, con delezione dell’esone 19 (ex19del) o mutazione L858R, dopo un fallimento precedente di una terapia a base di un inibitore tirosin chinasico (TKI) dell’EGFR.

A un follow-up mediano di 18,1 mesi, il 50% dei pazienti trattati con amivantamab + chemioterapia erano ancora vivi, rispetto al 40% di quelli trattati con la sola chemioterapia (OS mediana di 17,7 vs 15,3 mesi, rispettivamente).

L’associazione dei due trattamenti ha mostrato significativi miglioramenti anche nel tasso di interruzione del trattamento, con un numero di pazienti ancora in terapia dopo 18 mesi quasi 5 volte superiore rispetto a quello osservato con la sola chemioterapia (22% vs 4%, rispettivamente).

Inoltre, i pazienti trattati con amivantamab + chemioterapia hanno mostrato una riduzione del 27% del rischio di una progressione sintomatica della malattia (tempo mediano alla progressione sintomatica pari a 16 vs 11,8 mesi, rispettivamente). Il tempo al trattamento successivo è stato significativamente maggiore nel caso della terapia con amivantamab (12,2 vs 6,6 mesi, rispettivamente), con una conseguente riduzione del 36% del rischio di una seconda progressione della malattia o di morte.

“Negli ultimi dieci anni, il trattamento del tumore al polmone ha fatto grandi passi avanti, ma nonostante i significativi progressi terapeutici, il fenomeno delle resistenze ai trattamenti biologici rimane una questione critica per i pazienti con tumore polmonare non a piccole cellule (NSCLC) con mutazione EGFR, che richiede ancora lo sviluppo di terapie innovative”, ha proseguito Antonio Passaro, principal investigator dello studio.

“La recente aggiunta di amivantamab alla chemioterapia platino-basata ha aperto nuove prospettive per quei pazienti che hanno visto la loro malattia progredire nonostante l’uso di osimertinib, il trattamento standard finora utilizzato in prima linea.

In questi pazienti, questa combinazione terapeutica di amivantamab in associazione alla chemioterapia platino-basata, recentemente approvata dall’EMA, offre il nuovo punto di riferimento in termini di tasso di risposta globale e riduzione del rischio di progressione o morte. Inoltre, è stato dimostrato un significativo miglioramento della sopravvivenza senza progressione della malattia a livello cerebrale”.