L’uso di antibiotici è associato a cambiamenti nel microbiota intestinale e può portare a una riduzione della biodiversità nella popolazione batterica, con prevalenza di alcune specie sulle altre. Non solo. Man mano che si studiano il microbiota intestinale e le sue funzioni, diventa chiara l’esistenza di un legame tra l’equilibrio della flora intestinale e l’esordio di alcune malattie. Tra queste, anche le malattie infiammatorie intestinali (MICI).
Uno studio suggerisce, quindi, che l’uso di antibiotici aumenti il rischio di incorrere nelle MICI. Per scendere nel dettaglio, gli autori hanno utilizzato il Registro Nazionale della Danimarca per individuare soggetti di età superiore o uguale ai 10 anni e includerli nello studio: si parla in tutto di 6 milioni e 104 mila e 245 soggetti, dei quali 52898 hanno sviluppato MICI nel periodo di follow-up che è durato qualche anno.
Analizzando il campione, gli autori hanno potuto verificare un rischio maggiore di sviluppare tanto colite ulcerativa, quanto morbo di Crohn, in coloro che hanno assunto antibiotici, soprattutto nella fascia di età dai 40 anni in su; dal punto di vista temporale, il rischio è massimo 1-2 anni dopo l’uso di antibiotici oppure anche prima, se si utilizzano classi di antibiotici specifiche per patogeni del tratto gastrointestinale.
Altra importante scoperta riguarda le dosi: lo studio conferma che maggiore è la dose di antibiotico utilizzata e maggiore è il rischio di sviluppare MICI. Un motivo in più per prescrivere questa tipologia di farmaco solo quando davvero necessario.
Non solo. Se questi esiti saranno confermati, sarebbe utile individuare un metodo efficace per ristabilire l’equilibrio del microbiota alterato dall’uso di antibiotici.
Quanto sono diffuse le MICI nel mondo? Stime della European Federation of Crohn’s and Ulcerative Colitis Associations – EFCCA parlano di 10 milioni di persone, ma se dovesse valere per tutti i Paesi occidentali l’incidenza dell’1% vera per USA e UK, allora questo numero sarebbe sottostimato. Inoltre, le MICI vengono considerate in aumento in tutto il mondo.
In Italia, per esempio, la prevalenza di queste malattie è di 135 abitanti ogni 100.000 per la malattia di Crohn e di 258.7 per la colite ulcerativa. Si tratta di soggetti che, spesso, subiscono anche danni psicologici dalla propria malattia, che li limita nella vita sociale e, alle volte, anche in quella intima. Anche dal punto di vista economico, l’impatto sul SSN di queste patologie infiammatorie è notevole.
Individuare i fattori di rischio che portano al loro esordio è quindi importante, prima di tutto per agire sulla prevenzione, e successivamente per individuare terapie efficaci, quantomeno capaci di stabilizzare la patologia il più a lungo possibile.
Lo studio di cui abbiamo parlato ha visto la danese Aalborg University collaborare con la New York University Grossman School of Medicine e la Icahn School of Medicine presso il Mount Sinai di New York.
(Lo studio: Faye AS, Allin KH, Iversen AT, Agrawal M, Faith J, Colombel JF, Jess T. Antibiotic use as a risk factor for inflammatory bowel disease across the ages: a population-based cohort study. Gut. 2023 Jan 9:gutjnl-2022-327845. doi: 10.1136/gutjnl-2022-327845. Epub ahead of print. PMID: 36623926)