L’intervento del farmacista nell’unità di emergenza

All’interno di una struttura sanitaria, l’unità di emergenza è una realtà molto dinamica che vede la presenza di numerosi medici specialisti e un’affluenza di pazienti con quadri clinici complessi e, frequentemente, in terapia multi-farmacologica.

In questa situazione, errate prescrizioni o somministrazioni di farmaci possono portare a un aumento del rischio per la salute dei pazienti, con frequenti ospedalizzazioni e il conseguente aumento dei costi di gestione da parte della struttura sanitaria.

Uno dei principali motivi della poco corretta dispensazione di farmaci risiede nella scarsa conoscenza della storia medica del paziente, cioè dei suoi problemi clinici passati e dei farmaci che ha assunto o che sta assumendo al momento dell’ingresso in unità di emergenza.

Background

Il farmacista che si occupa della gestione dei pazienti in terapia di emergenza è una figura che sta acquistando sempre più importanza: la ACEP (American College of Emergency Physicians) ha sottolineato il suo ruolo nel garantire la sicurezza e l’efficacia della terapia in questi pazienti.

Tramite analisi condotte in diverse strutture sanitarie, i ricercatori hanno dimostrato che la presenza di un farmacista specializzato in medicina di emergenza ha condotto ad una diminuzione degli errori medici dovuti ad errata prescrizione o somministrazione di terapie farmacologiche.

Tuttavia, l’ambito del farmacista di medicina di emergenza (Emergency Medicine, EM) resta molto variabile e poco definito perché mancano dati robusti sui benefici apportati dalla sua presenza all’interno di un’unità di emergenza.

Scopo

Lo scopo del lavoro di Campbell e colleghi è stato quello di caratterizzare l’ambito di intervento del farmacista di medicina di emergenza e di categorizzare il suo apporto in termini di raccomandazioni mirate di terapie farmacologiche. Inoltre, gli autori hanno voluto dividere tali raccomandazioni per tipologia di farmaco e determinare quante di queste erano associate con farmaci ad alto rischio per il paziente.

Materiali e metodi

Disegno sperimentale: lo studio di Campbell è di tipo retrospettivo, condotto nell’unità di emergenza di un unico centro tra il 1° gennaio 2015 e il 31 marzo 2015. Il farmacista presente in questo dipartimento ha una qualifica per la medicina di emergenza ed è in grado di valutare la priorità dei casi e gli specifici bisogni farmacologici dei pazienti documentando la sua attività attraverso registri elettronici (Electronic Health Record, EHR) appartenenti a uno strumento più complesso denominato I-Vent.

Gli autori hanno incluso nella loro analisi tutti i documenti redatti dal farmacista EM durante il periodo dello studio mentre hanno escluso tutti i documenti non legati alla cura del paziente (documenti amministrativi).

Endpoints: l’endpoint primario è stato quello di valutare il numero e il tipo di cure somministrate al paziente e documentate dal farmacista EM. Gli endpoints secondari sono stati il numero di raccomandazioni farmacologiche per specifiche classi di farmaci e il numero di raccomandazioni terapeutiche associate con i farmaci ad alto rischio per il paziente elencati dall’ISMP (Institute for Safe Medication Practices).

Risultati

Nel periodo di attività dello studio, il farmacista preposto all’unità di emergenza ha documentato un totale di 6443 interventi di cui 3567 sono stati inclusi in questo lavoro.

Gli interventi più comuni sono stati quelli relativi all’agevolazione dell’accesso alle storie mediche dei pazienti (n=1300; 36.4%) e quelli relativi alla dispensazione di raccomandazioni farmacologiche (n=1165; 32.7%).

In merito a quest’ultima, 986 (84.6%) casi erano relativi a specifiche classi di farmaci presenti all’interno del database EHR. Secondo i dati ricavati da Campbell e collaboratori, le principali classi di farmaci legate alle raccomandazioni farmacologiche erano costituite da antimicrobici (31.9%), farmaci cardiovascolari (16.6%) e analgesici (13.2%).

Dei 986 casi precedenti, 200 (20%) reports erano correlati a farmaci ad alto rischio presenti nella lista di ISMP. Tra questi farmaci, quelli maggiormente segnalati dagli sperimentatori sono stati gli ipoglicemizzanti (33.5%), gli anticoagulanti (23%) e gli oppioidi (21.5%).

Take home message

Il lavoro di Campbell e colleghi si prefigge lo scopo di quantificare, in termini di casi documentati, l’intervento di un farmacista all’interno di un’unità di emergenza. Il primo dato che emerge dallo studio di Campbell è relativo alle limitazioni legate a questo approccio clinico.

Tra queste, la principale consiste nella sottostima dei reports poiché, nel periodo in cui lo studio è stato attivo, il farmacista preposto non era costantemente disponibile perché assegnato anche ad altri progetti già attivi all’interno della struttura. Nonostante questo, i risultati cui giungono gli autori evidenziano che la presenza di un farmacista esperto di medicina di emergenza ha permesso di integrare la storia clinica del paziente con le terapie attuali.

Gli sperimentatori hanno infine dimostrato che con questo approccio, il farmacista EM può fornire raccomandazioni farmacologiche legate all’utilizzo di farmaci ad alto rischio o che potenzialmente possono contribuire ad un aumento di eventi avversi. Nuovi studi sono auspicabili per valutare se questo tipo di intervento possa avere un impatto reale nel ridurre la permanenza dei pazienti nei reparti di emergenza o nel ridurre la loro ri-ospedalizzazione.

Articolo recensito
“Direct patient care activities and interventions of emergency medicine pharmacists” Int J Clin Pharm. 2019 Apr 5

Autori
Matthew J. Campbell, Elizabeth Wells, David Tietz, Ryan Balmat, Jessica Wesolek, Sharon E. Mace, Fredric M. Hustey, Michael P. Phelan

PubMed link: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/30953272

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