Non più solo farmaci tradizionali. I più recenti approcci terapeutici possono avvalersi di pillole tecnologiche: dispositivi medici, concepiti come oggetti – soluzioni indossabili come bracciali, smartwatch o sostanze – app(licazioni), software, piattaforme, videogiochi.
Strumenti che da opportunità di supporto alla cura possono essi stessi diventare la cura.
Ciò ha contribuito a un sensibile cambiamento del paziente, coinvolto e informato sul proprio percorso e processo decisionale e terapeutico, del caregiver da assistente del paziente a caregiver digitale in grado di accompagnare la persona in tutte le sue necessita, non esclusivamente terapeutiche e del clinico, connesso in tempo reale sull’andamento, stato clinico e bisogni del proprio assistivo, evitando crisi nella gestione della patologia, comunque contenendo effetti avversi.
Tematiche di cui si è discusso nel corso della IV giornata AFI del Paziente, svoltasi a Milano.
Il progetto RITA
Sempre più presenti nel contesto clinico e quotidiano del paziente, le tecnologie stanno sensibilmente cambiando approccio e modalità di cura, anche in pazienti complessi, esposti a frequenti ricadute, come nel caso di malati onco-ematologici.
Questi, se sottoposti a trattamenti ambulatoriali, possono oggi avvantaggiarsi di un sostenitore efficiente, presente h24, accurato e attento nelle proprie valutazioni, senza margine di errore.
È RITA (Remote Intelligenze for Therapeutic Adherence), un infermiere personale virtuale che ha in primo luogo il compito di favorire l’aderenza del paziente alla cura. Il suo ruolo va ben oltre: un sistema di raccolta dati, consente alla app – di questo si tratta, quindi uno strumento user friendly anche per i pazienti meno avvezzi alla e tecnologie – di collezionare i sintomi segnalati dal paziente, categorizzarli secondo i livelli di intensità degli studi clinici e inviarli a un sistema di trasmissione dati compliante con il GDPR (Regolamento generale sulla protezione dei dati) e il GCP (Good Clinical Practice).
Ciò permette al clinico di essere costantemente informato sullo stato di salute dell’assistito, di contattarlo di persona in caso di segnalazioni meritevoli di attenzione, di modulare le terapie in relazione all’andamento della malattia e dei bisogni clinici, di avere una visione panoramica sulla condizione clinica nell’intervallo fra un follow-up e il successivo.
Al paziente RITA permette di essere sereno del fatto che, grazie al monitoraggio costante dei propri sintomi e dalla eventuale unione di più sintomatologie, si possa intervenire prima e meglio in caso di reale necessità.
Tali dati hanno anche un importante valore per la ricerca, favorendo informazioni per l’avvio di nuovi studi clinici e/o di real word, ancora poco presenti in letteratura. Infine, le tecnologie come RITA offrono un parametro all’industria per raffinare i dispositivi sui bisogni del paziente e gli obiettivi di cura.
La gamification
Il (video)gioco come strumento per favorire la cura: piattaforme che sfruttano le dinamiche dei videogiochi, come l’accumulo di punteggi, l’avanzamento in classifica, le conquiste di traguardi intermedi, il rewarding al raggiungimento dell’obiettivo, per motivare il paziente alla cura, aumentarne l’autostima e favorire una competizione positiva a chi arriva prima e meglio al traguardo, con altri pazienti della comunità che condividono il medesimo stato di malattia.
Il videogioco può trovare applicazione in diversi ambiti clinici, primo fra tutti quello, appunto, di motivare il paziente all’adesione e alla compliance terapeutica, con l’utilizzo di diversi strumenti: tecnologie immersive, storytelling, varie difficoltà di livelli e sfide, avatar e personaggi virtuali, particolarmente efficaci anche nel caso in cui la terapia e lo strumento siano all’indirizzo dell’età pediatrica.
Un esempio italiano è l’app TOMMI, un’esperienza di gioco in realtà virtuale pensata in particolare per i bambini oncologici ed aiutarli affrontare meglio lo stress delle cure mediche; attraverso un visore i piccoli pazienti possono connettersi e immergersi in un mondo virtuale, diverso dalla realtà dell’ospedale.
L’app prevede anche il coinvolgimento dei genitori in sessioni collaborative e indirettamente del clinico che può ricavare dallo strumento dati, ad esempio, di psicomotricità.
I games, ma non solo, affiancano nella cura e favoriscono la maggiore tranquillità nell’utilizzatore. La tecnologia digitale richiederà un sempre maggior coinvolgimento anche del farmacista e/o farmacista ospedaliero che potranno ricoprire un ruolo di tutor al corretto utilizzo dello strumento e di sentinella nel monitoraggio e promozione dell’aderenza terapeutica.
Oltre il farmaco
Il paziente in terapia richiede, spesso, un supporto psicologico e in questa direzione, grazie anche alla collaborazione di aziende che si sono messe all’ascolto dei bisogni clinici, emotivi, assistenziali, della persona, sono stati sviluppati progetti dedicati, delle pillole psicologiche che contribuiscono a migliorare il quotidiano di chi è portatore di malattie importanti, rare o oncologiche.
Tra i più innovativi, la realizzazione di una serie di Podcast, ideati da Alexion Pharma Italy con la collaborazione di AIM (Associazione Miastenia), malattia rara che causa il rapido affaticamento e indebolimento dei muscoli volontari, scarsamente nota e ancora esposta a molti unmet needs e terapeutici, che intendono saturare oltre al gap conoscitivo sulle problematiche inerenti la miastenia – cliniche, gestionali, legali ecc. – anche la solitudine psicoemotiva che accompagna la malattia facendo rete in una piccola community di pazienti.
Mentre PROSAFE, progetto promosso da Roche, realizzato con la collaborazione dell’Università di Verona e di AMICI (Associazione Malattie Infiammatorie Croniche dell’Intestino), ha come focus la prossimità e la sicurezza per il paziente e del paziente: due survey parallele, sulla medicina di prossimità e su pazienti e stakeholder, che hanno l’obiettivo di misurare e sensibilizzare su vantaggi e limiti del sistema organizzativo in sanità.