Le terapie geniche sono entrate a far parte dello scenario medico, portando nuove sfide nel sistema economico-sanitario che regola l’introduzione dei nuovi farmaci da distribuire attraverso il SSN. Perciò, mai come ora si ravvisa l’urgenza di affrontare il tema dell’HTA per queste innovative terapie.
L’approfondimento che proponiamo viene dall’Osservatorio Malattie Rare.
Priorità: sostenibilità ed equità
Uno dei più ovvi problemi connaturati alle terapie avanzate è la sostenibilità. Da qui ha preso le mosse l’intervento al congresso SIHTA di Giovanna Elisa Calabrò, professore associato all’Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale, nonché direttore di VIHTALI, lo spin-off dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma nato per promuovere innovazione e ricerca nel settore dei servizi sanitari.
Infatti, l’utilizzo delle terapie di precisione esige prima di tutto la creazione di un binomio perfetto tra sostenibilità e allocazione valoriale delle risorse.
I sistemi sanitari globali affrontano sfide crescenti, come l’aumento dei costi di sviluppo dei trattamenti, una domanda crescente di assistenza sanitaria e la necessità di maggiore efficienza: pertanto l’innovazione deve trovare un nuovo equilibrio attraverso i modelli esistenti affinché si possano rendere disponibili nuove terapie avanzate, come quelle per l’emofilia.
Le terapie geniche, in particolare, richiedono infatti una valutazione che vada oltre il solo aspetto clinico, includendo considerazioni organizzative e sociali.
Un approccio multidisciplinare e integrato, che coinvolga clinici, decisori e associazioni di pazienti, è essenziale per garantire l’accessibilità e la sostenibilità delle nuove terapie e la valutazione HTA di queste tecnologie deve considerare l’equità sociale e l’efficienza, utilizzando strumenti in grado di gestire l’incertezza sui dati nel lungo termine.
“Dalla medicina delle 4p (partecipativa, personalizzata, preventiva e predittiva, ndr) siamo passati a quella delle 6p”, afferma Calabrò facendo riferimento ai capitoli delle prove, cioè della valutazione dei risultati clinici, e dei percorsi, con la messa a punto di modelli di presa in carico dei pazienti e di allestimento di percorsi organizzativi che, in un’ottica di personalizzazione delle cure, siano in grado di supportare la rivoluzione delle terapie avanzate.
Il futuro dell’emofilia con le terapie geniche
Come puntualizza Giancarlo Castaman, responsabile del Centro per i disturbi emorragici e della coagulazione del Dipartimento di Oncologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi di Firenze, le nuove terapie geniche rappresentano una rivoluzione per i pazienti con emofilia, consentendo una profilassi endogena che riduce drasticamente il rischio emorragico e migliora la qualità della vita per il paziente e i caregiver.
Castaman ha enfatizzato l’importanza dell’evoluzione tecnologica che ha permesso ai pazienti di gestire al meglio la propria malattia. Queste innovazioni, come la terapia genica che consente al fegato di produrre livelli costanti di FIX, non solo eliminano la necessità di frequenti infusioni preservando gli accessi venosi spesso compromessi dalle frequenti infusioni, ma garantiscono una maggiore stabilità clinica, riducendo i “picchi e valli” che caratterizzano le ripetute somministrazioni dei fattori della coagulazione esogeni.
Un passo fondamentale, soprattutto per i pazienti gravi che affrontano trattamenti intensivi.
Anna Borrelli, direttore sanitario dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II, ha spiegato le sfide organizzative nell’implementazione delle terapie geniche per l’emofilia, parlando dell’importanza di una formazione adeguata del personale ed evidenziando come la collaborazione con i clinici e il dialogo con le autorità regionali siano cruciali per garantire un accesso equo anche all’interno della stessa Regione.
Come si può garantire l’adeguato livello di innovazione – e, quindi, di sostenibilità – dei nuovi trattamenti? La risposta passa attraverso l’ampliamento della prospettiva su ciò che si ritiene abbia valore e l’utilizzo di una modellistica economica utile, mediante cui i decisori riescono a prendere provvedimenti pratici ed efficaci su scottanti tematiche di salute.
Incertezza e scelte economiche
“Altri fattori positivi sono legati alle prove o evidenze che indicano sostanziali guadagni in termini di salute e alla possibilità di adottare modelli di pagamento alternativi”, continua Calabrò.
Tali elementi non rappresentano una novità ma si adattano bene al profilo delle terapie avanzate nei confronti delle quali esistono comunque delle sfide da superare, legate all’utilizzo negli studi clinici di endpoint surrogati non validati, o alla realizzazione di trial a braccio singolo senza una terapia alternativa adeguatamente abbinata.
“La valutazione dell’incertezza è imprescindibile quando ci si trova davanti alla definizione di valore di una tecnologia sanitaria, specialmente quando parliamo di malattie rare”, precisa Andrea Marcellusi, assistant professor presso il Dipartimento di Scienze Farmaceutiche (DISFARM) dell’Università degli Studi di Milano.
Gli strumenti modellistici tramite cui valutare tale incertezza possono essere maggiormente sfruttati anche per la definizione dei Managed Entry Agreement (MEA) che rappresentano un fondamentale meccanismo di suddivisione del rischio.
In particolare, Marcellusi ha evidenziato come i modelli di valutazione economica siano utili a cogliere la complessità delle malattie rare, e possano gestire l’incertezza generata dalla carenza di dati robusti a supporto delle decisioni.
Per questo, la stima dell’ICER (Incremental Cost-Effectiveness Ratio) e l’uso di altri strumenti delle analisi farmaco economiche sono fondamentali per prendere decisioni maggiormente informate, soprattutto quando si tratta di valorizzare le terapie geniche che hanno outcome clinici a lungo termine a fronte di investimenti immediati.
Altrettanto fondamentale risulta la collaborazione tra aziende farmaceutiche e sistema sanitario nazionale per gestire queste aree di incertezza, superare le barriere economiche e garantire l’accesso alle terapie innovative.
“Queste terapie dovrebbero essere considerate come investimenti in salute e dobbiamo trovare la modalità legislativa, finanziaria e applicativa per poterli attuare”, aggiunge Lara Pippo, Head of Market Access & Government Affairs di CSL Behring, sottolineando la necessità di attuare un cambiamento e ribadendo la volontà delle aziende di essere partner del sistema nel garantire la salute dei cittadini.
Infine, Pietro Refolo, professore associato, Sezione di Bioetica e Medical Humanities, Dipartimento di Sicurezza e Bioetica, Università Cattolica del Sacro Cuore Roma, ha sollevato importanti riflessioni etiche e sociali spiegando che, sebbene le terapie possano sembrare un onere per le generazioni attuali, si tratta in realtà di investimenti intergenerazionali che avranno benefici duraturi anche per le future generazioni.
La solidarietà tra generazioni e la capacità di pensare a lungo termine sono fondamentali per garantire che le innovazioni tecnologiche possano essere una risorsa per tutti.
Un impegno comune per un futuro sostenibile
Tutto ciò può trovare applicazione nel nuovo Regolamento (UE) 2021/2282 del Parlamento Europeo e del Consiglio, relativo alla valutazione di farmaci, dispositivi medici e diagnostici, che introduce un sistema comune ai Paesi dell’UE per valutare l’efficacia di tecnologie innovative, allo scopo di espanderne l’accesso ai pazienti continuando a garantire l’uso sostenibile delle risorse sanitarie.
Cardine del nuovo regolamento è proprio l’HTA, il processo basato su evidenze scientifiche tramite il quale si valuta il valore aggiunto di una tecnologia sanitaria rispetto ad alternative esistenti.
Questo regolamento mira a uniformare le metodologie HTA in Europa, favorendo così un accesso più rapido e sicuro alle tecnologie sanitarie per i pazienti.
Al congresso si è ribadito l’impegno della SIHTA nell’adeguare i metodi di valutazione delle tecnologie per le terapie geniche.
La vera sfida si gioca dunque sul terreno dell’accesso e implica l’adozione di una metodologia che rinnovi quella esistente e permetta di adattarsi a contesti complessi, con un’attenzione particolare alla sostenibilità e agli aspetti etici, in modo da cogliere appieno i benefici delle terapie geniche nel lungo termine.
Ma soprattutto lavorando per ridurre le diseguaglianze e garantire ai pazienti gli stessi servizi su tutto il territorio italiano ed europeo.