Haleon Pain Index, il dolore tra discriminazione e pregiudizi

La nuova edizione dell’Haleon Pain Index mostra che il dolore impatta su tutti i principali aspetti della vita quotidiana, influendo significativamente sulla capacità delle persone di interagire con gli altri. Emerge inoltre che sovente è causa di discriminazione e pregiudizio, in particolare per donne, generazione Z e comunità Lgbtq+.

I dati emersi dalla nuova edizione dell’Haleon Pain Index, ricerca globale condotta su oltre 18mila persone in 18 Paesi, tra cui l’Italia, mostra in modo inequivocabile l’influenza negativa del dolore sulla vita di chi ne soffre e l’impatto dello stesso sui principali aspetti del quotidiano. L’indagine mette al contempo in evidenza la minore tolleranza che il contesto sociale mostra verso coloro che soffrono, come se quel senso di solidarietà sviluppatosi nel periodo pandemico fosse ormai solo un lontano ricordo.

HPI: i dati italiani

A livello italiano, sono stati ben 9 connazionali su 10 a dichiarare di aver sofferto di una qualche forma di dolore nel corso dell’ultimo anno: la metà di loro (46%) si è sentita stigmatizzata e un quarto (26%) teme di essere giudicato per la propria condizione.

Impatto sociale e isolamento

Rispetto alla prima edizione dell’Index, pubblicata nel 2014, l’impatto sociale ed emotivo del dolore risulta aumentato di quasi il 25%, con lo stigma e l’isolamento sociale derivanti dal dolore quotidiano in aumento in tutto il mondo.

Più in generale, il dolore impatta significativamente su quasi tutti gli aspetti della vita delle persone e, in particolare, sui rapporti con gli altri. Un italiano su 2 riferisce di trascorrere regolarmente del tempo in solitudine in caso di episodi di dolore, solitudine classificata come grave per 1 connazionale su 3, ed il 64% di essere meno socievole.

Soffrire in silenzio per non essere giudicati

Nonostante gli italiani risultino, a livello globale, meno inclini a percepire il dolore come un tabù – in Italia solo 1 su 3 ha questa percezione a fronte di una media globale del 39% – sono comunque numerosi coloro che soffrono in silenzio per non essere giudicati (26%). A evidenziare questo aspetto, in particolare i giovani della generazione Z: il 39% del target ritiene che sperimentare episodi di dolore equivalga a vivere un tabù di cui pertanto è meglio non parlare, a fronte di un 33% di boomers.
Inoltre, tra i più giovani, ben 7 su 10 hanno riferito di non essere stati creduti o addirittura discriminati a fronte di un 39% degli adulti appartenenti al target 59-77 anni.

Discriminazione, più forte per chi è già vittima di pregiudizio

A preoccupare in particolar modo è il pregiudizio nei confronti di quanti già per altre ragioni sperimentano discriminazione ed esclusione sociale: il 51% delle donne non si è sentita creduta o discriminata a fronte di un 44% degli uomini; medesima dinamica ha interessato i gruppi Lgbtq+, discriminati o non creduti nel 62% dei casi rispetto al 46% degli eterosessuali.

Necessaria una maggiore empatia

Gli intervistati hanno espresso parere unanime circa la necessità di una visione più compassionevole del dolore: il 69% ha sostenuto che una maggiore empatia per affrontare i pregiudizi e l’esclusione farebbe davvero la differenza nella loro esperienza del dolore.

L’indagine ha infine messo in luce il desiderio di riscontrare un ruolo più attivo da parte di medici e farmacisti nella gestione del dolore, che però necessitano di una più adeguata formazione – il 71% degli intervistati lo ritiene necessario per i medici, il 61% per i farmacisti – che li aiuti soprattutto a riconoscere l’estrema individualità del dolore.

Abbattere le barriere: il programma #ListenToPain

«Mentre il dolore è un’esperienza umana universale, con conseguente solitudine e stigma per molti, il suo impatto varia considerevolmente tra i gruppi sociali, con i più emarginati tra i più colpiti. La nostra ambizione è quella di abbattere le barriere per raggiungere una migliore salute quotidiana per tutti, indipendentemente da età, razza, etnia, genere, orientamento sessuale, disabilità e altri fattori», ha sostenuto Lisa Jennings, Head of Global Over the Counter Category di Haleon.

In questa direzione il programma #ListenToPain di Haleon, che supporta gli operatori sanitari per migliorare la comunicazione con i pazienti e avere una discussione mirata sul dolore. Con la continuità delle cure, capire veramente come il dolore può cambiare nel tempo permette di migliorare le strategie di gestione del dolore, rendendole più efficaci a lungo termine.