“Vivere senza dolore” è il tema del 1° rapporto realizzato da Censis in collaborazione con Grünenthal, specializzata nei trattamenti contro il dolore e le malattie correlate.
Il documento mette in luce quali sono i desideri dei pazienti affetti da dolore cronico, in primis il riconoscimento del dolore cronico come malattia a sé stante (81,7%) e l’istituzione di una vera e propria specialità medica incentrata sul dolore cronico e servizi correlati a carico del SSN (86,2%). Desideri ai quali occorre dare una risposta.
In Italia, infatti, sono circa 10 milioni le persone che soffrono di dolore cronico, una condizione spesso invalidante che ha componenti biopsicosociali, ovvero legate anche al contesto di vita e allo stato emotivo del paziente, oltre che a vere e proprie motivazioni fisiche: ciò rende la patologia molto più complessa da gestire e trattare, di conseguenza, richiede competenze peculiari.
La mancanza di un supporto e percorso adeguato può peggiorare le condizioni del paziente. Secondo il Rapporto, per esempio, un 48,8% degli interpellati ha sperimentato apatia, perdita di forze e debolezza, il 38,2% fragilità e tendenza alla facile commozione e il 37% stati di ansia e depressione.
La situazione in Italia
In Italia soffrirebbe di dolore cronico di intensità da moderata a severa il 20% degli adulti, anche se la condizione non risparmia i più giovani. Tra le persone interpellate il 16% prova questo dolore continuamente, mentre il 37,1% almeno 1 volta la settimana: una situazione che rende difficile svolgere con serenità le proprie attività quotidiane, anche le più semplici.
Dati del Rapporto indicano che per il 60,2% dei partecipanti è difficile anche sollevare oggetti, mentre il 50,5% non riesce a dormire bene. Altri numeri: il 59,3% prova dolore durante l’attività fisica, mentre il 49% trova difficoltoso anche solo muoversi e svolgere le faccende domestiche. Nonostante ciò, al momento il dolore cronico non è inserito nel Piano Nazionale di Cronicità.
Il parere degli esperti
Secondo il professor Gabriele Finco, Presidente dell’Associazione italiana per lo studio del dolore, sarebbe auspicabile «l’istituzione di appropriati percorsi specialistici, che abbiano l’obiettivo di garantire una presa in carico capillare sul territorio e continuativa nel tempo. Per questo è necessario standardizzare soluzioni, online, via chat o in telemedicina, per supportare in tempi cadenzati il monitoraggio del paziente a distanza. Un aspetto di vicinanza empatica, che sappiamo essere fondamentale per lo stato di benessere del paziente».
Esiste poi un passaggio di carattere culturale: riconoscere che si può e deve vivere senza dolore. Soffrire non è una punizione che deve essere sopportata, ma una condizione che deve essere trattata e risolta.