Dati del Ministero della Salute dicono che in Italia circa il 5% della popolazione è affetta da asma bronchiale, con circa 300 mila casi gravi.
In questi soggetti le terapie inalatorie sono inefficaci a controllare le reazioni asmatiche, rendendo necessari ricoveri, cicli di corticosteroidi e frequenti visite mediche.
Un recente studio condotto presso l’Ospedale Careggi di Firenze e pubblicato su Allergy pone l’accento sul ruolo degli eosinofili infiammatori nel determinare, in particolare, la severità dell’asma eosinofilico severo con rinosinute cronica con poliposi nasale (CRSwNP).
È recente la scoperta dell’esistenza di due sottopopolazioni differenti di eosinofili: quelli omeostatici e quelli infiammatori. I primi si occupano di preservare l’omeostasi dei tessuti, mentre i secondi crescono in risposta a un’infiammazione.
Nel loro lavoro gli autori hanno voluto valutare l’esistenza di una correlazione tra questa seconda categoria di eosinofili e la gravità dell’asma esosinofilico, spesso associato ad altre patologie eosinofiliche.
Lo studio
Gli autori sono partiti da un campione di 112 pazienti affetti da asma grave, divisi in 2 diversi gruppi. Alcuni soggetti sono stati analizzati prima dell’inizio del trattamento con l’anticorpo monoclonale mepolizumab in dose di 100 mg s.c/4 settimane. In una parte dei soggetti sono state poi effettuate altre analisi dopo il trattamento.
L’intento era di verificare la quantità di anticorpi eosinofili infiammatori presenti nei soggetti e di correlarla alla gravità dell’asma, come primo punto, e poi agli score clinici. Accanto a questo, gli autori hanno anche lavorato in vitro per verificare gli effetti dell’Interleuchina 5 e del farmaco sull’espressione del recettore CD62L, target per definire la popolazione cui appartiene un dato eosinofilo: in particolare, un CD62Llow indica eosinofili infiammatori, mentre un CD62Lbright indica eosinofili omeostatici.
In questo modo gli autori hanno confermato la correlazione causale tra quantità di eosinofili infiammatori presenti e gravità dell’asma: si tratta di una correlazione lineare, per cui al crescere degli esosinofili infiammatori cresce anche la gravità della malattia.
L’efficacia di mepolizumab
Se gli eosinofili hanno un ruolo così importante nel definire la gravità dell’asma eosinofilico, allora possono essere anche il target terapeutico.
Dalle analisi in vitro si conferma come l’espressione del recettore CD62L è influenzata dalla presenza di Interleuchina 5, responsabile della crescita e differenziazione degli eosinofili nelle due categorie. Ne consegue che anche il trattamento con mepolizumab, che agisce sull’Interleuchina 5, ha effetto sull’espressione del recettore, favorendo la presenza di CD62Lbright e un migliore controllo di malattia.
Mepolizumab è già indicato per il trattamento di asma eosinofilico severo, rinosinusite cronica con poliposi nasale, granulomatosi eosinofilica con poliangite (Egpa) e sindrome ipereosinofila (Hes).
Tuttavia, c’è ancora una certa abitudine a prescrivere trattamenti con corticosteroidi orali che, invece, non garantiscono un successo terapeutico.
Studio: Vultaggio A, Accinno M, Vivarelli E, Mecheri V, Maggiore G, Cosmi L, Parronchi P, Rossi O, Maggi E, Gallo O, Matucci A. Blood CD62Llow inflammatory eosinophils are related to the severity of asthma and reduced by mepolizumab. Allergy. 2023 Dec;78(12):3154-3165.