Gestione delle terapie con radioligandi, il ruolo del farmacista

Nella gestione delle terapie con radioligandi un ruolo chiave è svolto dal farmacista ospedaliero. Un esempio virtuoso è quello della Regione Lombardia, e qui riportato. Elementi fondamentali sono l’adozione di un modello gestionale efficiente e la formazione dei professionisti sui radiofarmaci.

La Terapia con RadioLigandi, o RLT, ha le potenzialità per giocare un ruolo decisivo nella lotta contro i tumori: è infatti uno degli esempi più innovativi e promettenti della medicina di precisione ed espressione concreta del concetto di teragnostica.

Quest’ultima integra sequenzialmente il momento della diagnosi e della terapia utilizzando la stessa molecola, un carrier in grado di legarsi specificamente e con elevata affinità solo alle cellule tumorali.

Il radiofarmaco terapeutico, formato dal carrier e da un radioisotopo, può così veicolare radiazioni direttamente e selettivamente sulle cellule neoplastiche, ovunque esse si trovino, lasciando intatte le cellule sane.

Una prospettiva terapeutica di interesse

La RLT, che ha mostrato ampia efficacia nella cura dei tumori neuroendocrini (NET), si sta dimostrando una prospettiva terapeutica di estremo interesse per un crescente numero di neoplasie e per un bacino sempre più ampio di pazienti; la sua erogazione, per la natura del radiofarmaco, impone di affrontare sfide organizzative che coinvolgono il farmacista ospedaliero sia per la gestione dei farmaci, sia per un appropriato utilizzo in sicurezza.

Rilevanza del farmacista

Il farmacista ospedaliero, che rientra a pieno titolo nel team multidisciplinare, ha un ruolo rilevante in tutto il percorso di presa in carico del paziente oltre che di gestione del radiofarmaco, dalle procedure per l’autorizzazione alla detenzione alle modalità di smaltimento; grazie alle sue competenze amministrative è fondamentale anche per la gestione e l’allocazione dei budget da dedicare ai radiofarmaci, contribuendo così alla programmazione ospedaliera e all’analisi dell’impatto sul budget, con l’obiettivo di assicurare che siano resi disponibili ai pazienti che ne hanno indicazione monitorando allo stesso tempo l’andamento di spesa, così come avviene per tutta la spesa farmaceutica all’interno degli ospedali.

La rendicontazione del farmaco è in questo senso un processo cruciale ed è perciò preziosa l’esperienza maturata dai farmacisti ospedalieri negli ultimi quattro anni, dopo l’immissione in commercio del radiofarmaco a base di lutezio (lutezio (177Lu) oxodotreotide) indicato per la terapia dei tumori GEP-NET.

Coordinamento con il team multidisciplinare

Come spiega Emanuela Omodeo Salé, direttrice della Farmacia Ospedaliera dell’Istituto Europeo di Oncologia e della farmacia Ospedaliera dell’Irccs Centro Cardiologico Monzino di Milano, «l’impiego della RLT in una malattia rara, con il radiofarmaco registrato e approvato con l’innovatività piena, è stato utile per mettere a punto il lavoro del team multidisciplinare e il ruolo del farmacista ospedaliero al suo interno, essenziale non solo per l’uso appropriato del radiofarmaco in ambiente idoneo, la registrazione degli eventi avversi o la gestione della logistica, ma anche per la programmazione dei tetti di spesa a livello della struttura e della Regione.

L’erogazione della RLT implica un maggiore coordinamento del farmacista ospedaliero con il resto del team, in un rapporto dinamico che sarà sempre più importante in vista dell’aumento degli ordini e delle dispensazioni previsto con l’incremento dei pazienti eleggibili alla terapia».

L’iter gestionale seguito in Lombardia

In questi anni di utilizzo della RLT per una malattia rara le Regioni italiane si sono organizzate in maniera diversa per la rendicontazione del radiofarmaco e la Lombardia è stata un esempio di stretta collaborazione fra ospedali pubblici e privati accreditati.

A seguito del riconoscimento da parte di AIFA dello status di “Farmaco innovativo” e del conseguente inserimento nel Fondo farmaci Innovatici Oncologici (FIO) per 3 anni (elemento utile per alleggerire le Regioni nella spesa) lutezio (177Lu) oxodotreotide poteva essere ordinato soltanto da enti pubblici a cui i privati accreditati si sono dovuti rivolgere per l’acquisto del farmaco, per cui Regione Lombardia ha sviluppato un percorso gestionale specifico descritto da Vito Ladisa, direttore della Farmacia Ospedaliera dell’Irccs Istituto Tumori di Milano, «La Lombardia ha creato coppie “gemellate” di istituti simili per le attività svolte: così come per tutti i farmaci innovativi, l’Istituto Tumori ha ordinato e pagato questo specifico radiofarmaco erogato dallo Istituto Europeo di Oncologia (IEO), successivamente rimborsato dalla Regione attraverso il tracciato File F.

Tre attori e tre passaggi, complicati dal fatto che per i pazienti in trattamento prima della decadenza dell’innovatività resta la stessa modalità gestionale fino alla scadenza dell’anno solare. Il carico per la struttura pubblica nel gestire il radiofarmaco, con un’organizzazione di questo tipo, è elevato: dobbiamo interagire con il fornitore esterno per tutto quel che riguarda l’iter amministrativo, assicurare che l’Ente privato accreditato riceva per tempo il radiofarmaco, verificare che tutti i passaggi previsti per il farmaco innovativo siano rispettati perché la responsabilità economica, clinica e sanitaria è a nostra firma, emettere la fattura all’ASL di provenienza del paziente, quando quest’ultimo proviene da Regione/Provincia che non accede al FIO, anche se il radiofarmaco è somministrato presso lo IEO. Infine, dobbiamo inserire nel nostro bilancio anche i movimenti effettuati per conto di IEO».

Questa complessità che deriva dalla necessità di un ordine da parte di ente pubblico, comune a tutti i farmaci che accedono al FIO, è stata affrontata con modalità diversa da altre Regioni anche in base alla tipologia di strutture presenti sul territorio: in Lazio, per esempio, è stato individuato un ente che lavora con tutti i privati accreditati, altrove si sono istituite macroaree regionali di afferenza a strutture pubbliche.

In previsione dell’aumento del numero di pazienti candidati all’impiego di radiofarmaci, per esempio, con la prossima autorizzazione di un radiofarmaco per il tumore della prostata, il sistema di gestione di questi farmaci potrebbe dover essere rivisto e, come sottolinea Ladisa, «tutto dipende se sarà o meno decisa l’innovatività per i prossimi radiofarmaci, ma se così fosse occorre pensare a un metodo diverso di gestione, magari con una piattaforma regionale centralizzata dedicata all’acquisto dei farmaci innovativi per le strutture private accreditate: le procedure sarebbero più semplici e snelle, si ridurrebbe anche il rischio di errori.

Se, invece, non fosse previsto l’accesso al FIO, la rendicontazione potrebbe rientrare nel budget ordinario. Resterebbero, tuttavia, alcune questioni ancora aperte, per esempio la mancanza di un DRG specifico per la RLT e la medicina nucleare coerente con i costi sostenuti dalla struttura che somministra tale terapia soprattutto se ciò avviene in regime di day hospital, ambulatoriale o con ricovero di un giorno».

La mobilità sanitaria

La gestione della mobilità sanitaria è stata già affrontata dal gruppo tecnico preposto e nell’ultimo documento relativo alla compensazione interregionale per la mobilità sanitaria 2022, sono già stati chiariti alcuni punti.

Inoltre, come prosegue Ladisa, «la RLT rappresenta anche un’opportunità da un punto di vista infrastrutturale e per il personale: in accordo alla normativa vigente le strutture devono rispettare diversi requisiti previsti per la somministrazione di radiofarmaci e il personale deve essere adeguatamente formato, ma non tutti i centri né tutte le Regioni sono oggi pronti: i pazienti vengono perciò inviati nelle strutture e nelle Regioni che possono trattarli, che anticipano la prestazione ma ricevono i rimborsi in casi estremi anche due o tre anni dopo.

Per gestire al meglio un sistema di questo tipo occorrerebbe pensare a modalità di programmazione e rimborso più snelle anche nel caso in cui i radiofarmaci in arrivo non dovessero accedere al FIO».

Nella speranza di una riorganizzazione dei percorsi che renda più agevole la rendicontazione dei radiofarmaci, resta centrale il ruolo del farmacista ospedaliero che deve gestire questi flussi.

La formazione sui radiofarmaci è necessaria

Come aggiunge Omodeo Salé, «l’esperienza con i GEP-NET è stata una buona palestra per imparare la gestione delle terapie con radiofarmaci per molti di noi, ma ora dobbiamo puntare a una maggiore formazione della categoria su questo tema, imprescindibile per chiunque vorrà lavorare con i radiofarmaci sebbene tuttora non sia obbligatoria.

I professionisti devono essere adeguatamente formati per rispondere alle esigenze cliniche e normative connesse al radiofarmaco, devono conoscerne le peculiarità relative all’emissione radioattiva, al decadimento, alle condizioni di manipolazione in sicurezza.

Oggi è possibile frequentare master sul tema, ma si potrebbe pensare a un percorso di specializzazione in farmacia ospedaliera che, dopo i primi due anni, dia la possibilità di scegliere di focalizzarsi sul radiofarmaco».

Concorda Ladisa e conclude: «il radiofarmacista non è un esecutore né svolge attività amministrativa, ma un tecnico che si occupa di preparazioni in sicurezza e collabora con la medicina nucleare.

Deve, tuttavia, possedere competenze specifiche per poter affrontare, per esempio, le peculiarità del radiofarmaco che implicano tempi molto precisi per l’acquisto, la consegna e la somministrazione.

Oggi il farmacista ospedaliero non può più essere “generalista” e l’arrivo dei radiofarmaci lo sta dimostrando: il futuro dovrà andare sempre più verso una specializzazione in senso gestionale o tecnica, con percorsi differenti che portino a formare due figure di farmacista ospedaliero, tecnico o gestionale, che sono diverse, complementari ed entrambe necessarie».