Farmaci antitumorali, protocollo per ridurre i rischi legati all’infusione

A seconda della loro natura, i farmaci antineoplastici possono essere assunti per due vie: quella orale e quella parenterale. Nel secondo caso la somministrazione può avvenire in regime ambulatoriale, in ospedale, o in un contesto di ospedalizzazione domiciliare. In entrambi i casi, l’operatore deve porgere particolare attenzione all’intervento, dacché l’infusione parenterale di farmaci oncologici può dare ipersensibilità o reazioni avverse, alcune delle quali possono anche mettere a rischio la vita del paziente.

Per fare un esempio, i pazienti con malattia oncoematologica possono essere trattati con l’anticorpo monoclonale Mabthera, noto per essere causa in alcuni soggetti di ipotensione transitoria e broncospasmo, oltre che di angina pectoris nei pazienti con storia di patologia cardiaca e di reazioni allergiche. Si consiglia pertanto di supervisionare l’infusione per tutta la prima ora, così da osservare l’insorgere di reazioni avverse alla sua composizione.
Di recente ricercatori di Atlanta hanno riportato gli esiti di un progetto condotto presso il Dipartimento di Ematologia e Oncologia Medica del Winship Cancer Institute dell’Emory University School of Medicine.

Si tratta di un protocollo sviluppato da farmacisti ospedalieri oncologici per la gestione da parte degli infermieri dei sintomi indotti dall’infusione parenterale di farmaci antineoplastici. Setting dello studio, un centro di infusione ambulatoriale afferente al Grady Health System (GHS). 456 i pazienti coinvolti. Scopo degli autori era verificare se l’implementazione del protocollo permettesse o meno di trattare al meglio gli eventi avversi successivi all’infusione o meno e di individuare quali sono i farmaci antitumorali che danno maggiori reazioni avverse e che quindi necessitano di un protocollo specifico.

A tal fine lo studio ha valutato il numero di accessi in Pronto Soccorso e di ammissioni ospedaliere entro le 72 ore dal trattamento, oltre alla mortalità causata dalle reazioni avverse all’infusione. Tra i partecipanti solo 78 hanno sperimentato eventi avversi, per un totale di 108, il che significa che più di un paziente ha avuto più di un sintomo.
Tra questi il 57% è risultato essere di gravità lieve/moderata e il 31% di gravità elevata con reazioni di anafilassi. Solo 8 delle 108 reazioni avverse verificatesi non sono state individuate dal protocollo e hanno richiesto l’intervento del Pronto Soccorso (75%) o di un ricovero ospedaliero (25%): ciò dà conto della validità del sistema ideato dal gruppo di lavoro.
Il 93% degli eventi è infatti stato intercettato e trattato direttamente al centro di infusione, permettendo ai pazienti di rientrare al proprio domicilio una volta conclusa la terapia. Nessun paziente è morto.

Per quanto riguarda il secondo quesito, in questo studio sono stati individuati come ad alto rischio di dare eventi avversi i farmaci paclitaxel e oxaliplatin. Il tasso di successo del protocollo studiato è elevato, ma secondo gli autori può essere ulteriormente migliorato con un opportuno programma di educazione degli infermieri.

(Lo studio: Cebollero J, LaFollette JA, Walton SM, Adams Curry M. Evaluation of a Pharmacist-Developed, Nurse-Driven Protocol for Management of Parenteral Anticancer Therapy Infusion Reactions in an Ambulatory Infusion Center. J Oncol Pharm Pract. 2022 Feb 14:10781552221079855. doi: 10.1177/10781552221079855. Epub ahead of print. PMID: 35164607)

Stefania Somaré