Estensione delle terapie CAR-T e nuove necessità gestionali ed economiche

A dieci anni dalla loro prima sperimentazione, le CAR-T sono riconosciute come terapie salvavita e, come tali, devono poter essere accessibili a tutti i pazienti eleggibili.

Dieci anni fa presso il Children’s Hospital di Philadelphia è stata somministrata la prima dose sperimentale di cellule CAR-T per trattare una piccola paziente con leucemia. Da allora, le CAR-T sono state studiate da numerosi team in tutto il mondo, confermando la propria essenza di terapia salvavita, non solo per la leucemia, ma anche per altre patologie oncoematologiche come linfoma diffuso a grandi cellule B in seconda linea, leucemia linfoblastica acuta, linfoma follicolare e mieloma multiplo. Patologie per le quali è stata riconosciuta l’indicazione.

Parallelamente, aumentano anche le evidenze che ne sottolineano un ruolo importante anche nel trattamento di alcuni tumori solidi. Cresce quindi il numero di pazienti eleggibili al trattamento con cellule CAR-T, tutti senza altre possibilità terapeutiche. A fronte di ciò, l’attuale legislazione sanitaria risulta inadeguata: la terapia con CAR-T è spesso equiparata a trattamenti di quinta o sesta linea che al massimo estendono di qualche settimana alla sopravvivenza del paziente, mentre le CAR-T, a detta degli specialisti, possono modificarne profondamente la prognosi. Occorre quindi un nuovo modo di ragionare, che svincoli la spesa per le CAR-T, per esempio, dal Fondo Nazionale Farmaci Innovativi, che scadrà a breve.

Ciò significa anche smettere di imporre tetti di spesa che mettono i centri esperti in difficoltà nel garantire il trattamento a tutti i pazienti eleggibili. C’è poi da considerare che mediamente per questa procedura vengono riconosciuti alla struttura ospedaliera 47 mila euro, a fronte dei 200 spesi, perché equiparata al DRG per il trapianto autologo o allogenico. Spesa che spesso viene anticipata dall’ospedale per essere poi rimborsata l’anno successivo.

C’è poi l’esigenza di rinforzare i centri esperti già presenti lungo lo stivale, in tutto 45, considerati in numero adeguato per gestire la pletora di pazienti, ma con esigenze di nuovo personale e nuovi fondi. Senza questi cambiamenti, al centro di un tavolo di lavoro che Motore Sanità ha avviato un anno fa e giunto alla sua conclusione, la sostenibilità del sistema CAR-T viene messa in pericolo. Il confronto tra le diverse esperienze regionali ha però reso possibile identificare un possibile modello virtuoso, quello di Regione Friuli-Venezia Giulia. 

Stanziare un fondo annuale per finanziare le CAR-T e utilizzare al meglio ciò che c’è.

La soluzione che la sanità friulana ha scelto è istituire un fondo ad hoc per le CAR-T. Ne parla Joseph Polimeni, direttore generale ARCS Friuli-Venezia Giulia: dobbiamo «ancora migliorare magari nell’analisi del fabbisogno, ma abbiamo stanziato 2,5 milioni annui per le CAR-T, fondi sovra aziendali, regionali. Puntiamo a stimare in maniera precisa il target e il fabbisogno.

A mio avviso va superato il sistema a silos e a tetti di spesa ormai anacronistico. Stanziare budget di impatto e soddisfare le richieste indicate è la strada, visto che ci troviamo di fronte a opzioni terapeutiche che aumentano qualità e quantità di vita.

Oggi parliamo di CAR-T, domani sarà l’intelligenza artificiale», sottolinea, come a dire che con i cambi richiesti si vanno ad aprire le porte per l’innovazione.

Secondo questo modello, ogni Regione dovrebbe valutare quali sono le esigenze interne e stanziare un fondo extra per assicurare la terapia salvavita a tutti i propri pazienti.

C’è poi da considerare anche l’aspetto organizzativo: il direttore scientifico di Motore Sanità, Carlo Zanon, ricorda infatti che non tutte le Regioni usano per intero il fondo per i farmaci innovativi, il che sarebbe il primo passo. Insomma, la situazione richiede di individuare strategie organizzative adeguate a rispondere alle esigenze di salute dei pazienti, strategie che non possono essere generalizzate, perché ogni Regione ha una sua impostazione.

Tutte sono però concordi nel dire che serve un cambiamento anche centrale che riconosca alle CAR-T la propria importanza, individuando un metodo di finanziamento che sia specifico per questa terapia salvavita. 

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