Sono attive contro il tumore del colon-retto metastatico con mutazione KRAS G12C, il tumore del polmone a piccole cellule in stadio avanzato e il tumore del polmone non a piccole cellule in stadio avanzato e con mutazione KRAS G12C.
Durante il recente congresso della Società Europea di Oncologia Medica (ESMO) si è fatto il punto in real world su una serie di molecole prodotte da Amgen per terapie first in class contro tre patologie oncologiche: il tumore del colon-retto metastatico con mutazione KRAS G12C, il tumore del polmone a piccole cellule in stadio avanzato e il tumore al polmone non a piccole cellule in stadio avanzato e con mutazione KRAS G12C.
Si tratta di tumori spesso difficili da trattare con le armi già in commercio e che colpiscono, nel complesso, oltre 8500 persone l’anno. Le molecole presentate durante il congresso sono: sotorasib per il tumore al colon-retto e per il tumore ai polmoni non a piccole cellule e HLE BiTE® per il tumore al polmone a piccole cellule.
Sotorasib: la pratica clinica conferma gli esiti degli studi registrativi
Circa il 3%-5% dei tumori del colon-retto presentano la mutazione KRAS G12C, nota per causare una resistenza alla terapia con alcuni chemioterapici, tra i quali i farmaci orali trifluridina/tipiracil. D’altra parte, se i farmaci comuni non funzionano, non esistono ancora cure mirate a trattare i tumori con questa mutazione. O si dovrebbe dire, non esistevano.
Sotorasib si è infatti mostrato efficace, in dosaggio di 960 mg o 240 mg e in combinazione con panitumumab, nel migliorare la sopravvivenza libera da progressione di malattia. L’iter terapeutico, in particolare, si è dimostrato superiore alla terapia standard scelta dallo sperimentatore. Da poco pubblicato su New England Journal of Medicine (doi: 10.1056/NEJMoa2308795), lo studio che ha portato questi risultati si chiama Code Break 300 e ha coinvolto 160 pazienti, 59 dei quali afferenti a 22 centri italiani.
Il dott. Filippo Pietrantonio dell’Unità di Oncologia Medica della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, spiega: «con questi nuovi dati, sotorasib più panitumumab mostrano un’efficacia consistente nei diversi sottogruppi a entrambi i dosaggi e supportano il razionale biologico della combinazione di queste due terapie mirate ai rispettivi target molecolari.
È importante sottolineare che meno del 20% dei pazienti con diagnosi del tumore del colon-retto metastatico sopravvive oltre i cinque anni; è quindi necessario di individuare nuove opzioni di trattamento, soprattutto per i pazienti che presentano le mutazioni KRAS G12C, per i quali non sono ancora disponibili terapie target evidence based».
Lo stesso farmaco si è dimostrato attivo anche contro il tumore non a piccole cellule del polmone con mutazione KRAS G12C. In questo caso, durante il congresso sono stati presentati i dati di uno studio italiano di pratica clinica, che confermano quelli ottenuti dagli studi registrativi, ovvero sotorasib è in grado di aumentare il tasso di controllo della malattia, ponendolo intorno ai 57%, mentre la mediana della sopravvivenza libera da progressione (PFS) è stata di 5,8 mesi. In questo caso i pazienti coinvolti sono stati 196, mentre i centri partecipanti 30.
La professoressa Silvia Novello, direttore dell’Unità Oncologia Toracica dell’Ospedale San Luigi di Orbassano (TO), ordinaria di Oncologia Medica presso l’Università di Torino e presidentessa dell’associazione WALCE – Women Against Lung Cancer in Europe, commenta: «l’ampia esperienza clinica maturata in Italia negli ultimi anni nei diversi programmi di accesso allargato, che hanno consentito il trattamento di oltre 600 pazienti sul territorio nazionale, trova oggi riscontro in questi primi dati di real world evidence che confermano l’efficacia e la sicurezza della terapia orale con sotorasib nel NSCLC con mutazione KRAS G12C pretrattato, setting nel quale la chemioterapia rappresenta a oggi l’unica opzione terapeutica disponibile, seppur con performance subottimali».
Novità anche per il tumore del polmone a piccole cellule
In questo caso, l’innovazione consiste nel primo BiTE® a emivita estesa nei tumori solidi: si tratta di tarlatamab, molecola che ha come bersaglio la proteina Delta-like 3 ligand (DLL3), presente inoltre l’85% dei casi di SCLC.
Lo studio che evidenzia l’efficacia di questa molecola è di fase II e si chiama DeLLphi-301 (doi: 10.1056/NEJMoa2307980): da poco pubblicato sul New England Journal of Medicine, lo studio include 220 pazienti, con un follow-up mediano di 10,6 mesi.
Spiega Marcello Tiseo, direttore dell’UOC di Oncologia Medica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma e professore associato di Oncologia Medica dell’Università di Parma: «questo studio di fase 2 ha dimostrato risultati mai visti in precedenza. L’elemento di novità è il meccanismo d’azione di tarlatamab, perché è la prima molecola di una categoria di anticorpi bispecifici, impiegata per il trattamento dei tumori solidi.
Lo studio ha arruolato 220 pazienti, un numero rilevante. Sono tutti pazienti che avevano ricevuto la terapia standard con platino e almeno un’altra linea di terapia. Un setting estremamente sfavorevole e sfidante con l’urgenza di individuare nuove opportunità terapeutiche. I risultati ottenuti nel 40% dei pazienti, con una mediana di sopravvivenza intorno ai 14 mesi, rappresentano un grande beneficio in un contesto di terza linea di trattamento».
Il farmaco si è inoltre confermato sicuro, dando eventi avversi come sindrome da rilascio di citochine (CRS; 51,1%), piressia (31,6%), disgeusia (25,6%) e diminuzione dell’appetito (23,3%). Tra questi, l’evento avverso più grave è proprio il più frequente, un evento che richiede un ricovero per tornare all’equilibrio. In ogni caso, come sottolineano gli esperti, tale evento si manifesta sempre a un grado 1 o 2, non mettendo a rischio la sicurezza del paziente.