Eliminare il virus che provoca l’Aids una volta per tutte, curando così in modo definitivo l’infezione. Un traguardo ambizioso, verso il quale è stato fatto un passo in più.
La FDA ha, infatti, concesso l’autorizzazione alla sperimentazione della terapia EBT-101, sviluppata da un gruppo di ricercatori statunitensi a partire dalla tecnologia Crispr con l’obiettivo di spazzare via dalle cellule malate ogni traccia di Hiv.
Per comprendere la portata dell’innovazione è necessario considerare che attualmente l’unica risorsa disponibile per contenere la malattia, bloccando la replicazione del virus, sono i farmaci antiretrovirali.
Il problema è che questi ultimi non consentono di eliminare il patogeno in modo permanente, con la conseguente necessità di assumere i medicinali per tutta la vita, andando incontro sia a effetti collaterali sia ai sintomi derivanti dalla presenza latente del microrganismo.
Proprio da questa considerazione sono partiti, sette anni fa, i ricercatori della Lewis Katz School of Medicine della Temple University di Philadelphia, negli Stati Uniti, in collaborazione con gli esperti dell’Università Statale di Milano, quando hanno deciso di testare contro l’Hiv il sistema di editing genetico Crispr (Clustered regularly interspaced short palindromic repeats, ovvero sequenze geniche ripetute a intervalli regolari), formato dalla combinazione di due elementi: la proteina Cas9, una sorta di forbice che permette tagli del Dna precisi e mirati, e un Rna guida, che come un navigatore satellitare indica il punto esatto in cui tagliare.
In concreto, i ricercatori hanno utilizzato un virus adeno-associato come vettore per introdurre Crispr nelle cellule infette affinché potesse raggiungere e rimuovere le sequenze di Dna dell’Hiv. I primi esperimenti in tal senso sono stati condotti in laboratorio nel 2014 e nel 2016.
L’anno successivo, nel 2017, è stato poi svolto uno studio in due modelli di topi: uno con un’infezione appena acquisita, l’altro con un’infezione cronica. In seguito è stato realizzato un esperimento su scimmie macaco, i cui risultati sono stati pubblicati nel 2020 su Nature.
Basta una sola somministrazione
È dopo aver considerato gli esiti positivi di questi esperimenti che l’ente regolatorio statunitense ha attualmente autorizzato Excision BioTherapeutics, l’azienda co-fondata circa cinque anni fa da Kamel Khalili, microbiologo e immunologo della Temple University, ad avviare gli studi clinici di fase 1 e 2, volti a verificare la sicurezza, la tollerabilità e l’efficacia del trattamento.
Per quanto riguarda la modalità di somministrazione, è prevista una singola infusione endovenosa.
«Fin dall’inizio la nostra strategia è stata quella di rendere possibile l’inoculazione non solo in laboratori ben attrezzati», ha dichiarato Khalili. «Se il sistema funziona, potrebbe essere utilizzato ovunque, compresa l’Africa sub-sahariana, dove l’infezione da Hiv è dilagante».
Una notizia, quella della sperimentazione, il cui inizio è previsto entro la fine dell’anno, che riaccende la speranza, dopo che, solo poco tempo fa, Johnson&Johnson aveva annunciato il fallimento del proprio vaccino contro l’Hiv.
Paola Arosio