Descritta per la prima volta nel 1909 dal neurologo tedesco Hans Steinert, la distrofia miotonica di tipo 1, la forma più comune di distrofia muscolare negli adulti, che colpisce una persona ogni 5 mila, interessa vari organi, con conseguenti disturbi cardiaci, atrofia muscolare, alterazioni cognitive, che compromettono l’aspettativa e la qualità di vita. Nonostante i numerosi tentativi, nessun approccio terapeutico si è finora rivelato efficace contro la malattia.
Una nuova speranza viene, però, dal laboratorio dell’Istituto di biochimica e biologia cellulare del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), dove, in collaborazione con l’unità di Cardiologia molecolare del Policlinico San Donato e grazie al finanziamento di Fondazione Telethon, si è svolto uno studio preclinico con l’obiettivo di giungere a una cura definitiva della patologia.
Un difetto del gene Dmpk
Per comprendere il significato e l’entità della ricerca, pubblicata lo scorso novembre su Molecular Therapy Nucleic Acids, è necessario risalire all’origine di questo tipo di distrofia, causata da un difetto del gene Dmpk, localizzato sul cromosoma 19. L’anomalia consiste nel fatto che la sequenza di tre nucleotidi Ctg (citosina, timina, guanina) presente sul gene stesso, di norma in numero compreso tra 5 e 35, comincia all’improvviso ad aumentare. Quanto più elevato è l’incremento, tanto più grave risulta la malattia.
Il sistema “taglia e cuci” del DNA
Partendo da ciò, gli sperimentatori hanno provato a eliminare il gene difettoso, sia in cellule in coltura generate ad hoc da pazienti, sia nel muscolo di topi, realizzando un apposito sistema basato sullo strumento di editing genetico Crispr (Clustered regularly interspaced short palindromic repeats, ovvero sequenze geniche ripetute a intervalli regolari).
Quest’ultimo, ideato dalle scienziate Jennifer Doudna ed Emmanuelle Charpentier, che per tale scoperta hanno ricevuto il premio Nobel nel 2020, è basato sulla combinazione di due elementi: la proteina Cas9, una sorta di “forbice” che permette tagli mirati del Dna, e un Rna guida, che identifica il punto esatto in cui tagliare.
«L’elevata efficienza e precisione di Crispr possono essere utilizzate, con opportune modifiche, per tagliare il Dna in un sito predeterminato, il che rende la tecnica particolarmente versatile e applicabile alla distrofia miotonica, così come a molte altre malattie genetiche», ha sottolineato Fabio Martelli, direttore dell’unità di Cardiologia molecolare del Policlinico San Donato.
Verso la fase clinica
I risultati dell’esperimento sono stati soddisfacenti e lasciano ben sperare. «I dati ottenuti hanno confermato che è possibile correggere il difetto genetico in maniera modulabile, sicura ed efficace, eliminando l’espansione patogena di Ctg», ha commentato Germana Falcone, ricercatrice dell’Istituto di biochimica e biologia cellulare. «È, quindi, plausibile che in un prossimo futuro la terapia genica possa essere utilizzata con successo nei pazienti».
Paola Arosio