Colite ulcerosa, ustekinumab disponibile e rimborsabile

Ustekinumab, già rimborsato per la malattia di Chron, è ora esteso al trattamento di pazienti adulti con colite ulcerosa attiva da moderata a grave, offrendo una nuova soluzione terapeutica ai pazienti affetti da malattie infiammatorie croniche intestinali.

Le malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI) colpiscono in Italia circa 250 mila soggetti, di cui 130 mila soffrono di colite ulcerosa. L’incidenza della malattia, tra i 10 e i 12 casi ogni 100 mila abitanti, è in linea con quanto si osserva nel resto d’Europa, con una presenza maggiore tra i 20 e i 40 anni di età.

La sua gestione è, tuttavia, complessa, un con impatto notevole sulla qualità della vita dei pazienti, sia dal punto di vista fisico, che psicologico, sociale, familiare, emozionale e lavorativo. È per questo che risulta importante garantire agli stessi opzioni terapeutiche in grado di aiutarli a vivere meglio, in particolar modo per contrastare i sintomi più invalidanti della patologia quali dolori addominali, urgenza evacuativa, sanguinamento, diarrea e stanchezza.

Ustekinumab

Sviluppato da Jannseen, ustekinumab è il capostipite di una nuova classe di anticorpi monoclonali – si legge in una nota – attivi contemporaneamente su due interleuchine, IL-12 e IL-23, importanti nel processo infiammatorio responsabile delle MICI, avvicinando così l’obiettivo della remissione duratura libera da corticosteroidi.

La nuova indicazione del farmaco – “trattamento di pazienti adulti con colite ulcerosa attiva di grado da moderato a grave che hanno avuto una risposta inadeguata, hanno perso la risposta o sono risultati intolleranti alla terapia convenzionale o a una terapia biologica oppure che presentano controindicazioni mediche a tali terapie” – si affianca a quella per la malattia di Crohn, entrambe MICI, fornendo una ulteriore chance terapeutica ai pazienti che ne soffrono.

Alcuni risultati di studio

Nello studio UNIFI-I, ustekinumab ha dimostrato rapidità d’azione: già dopo 8 settimane una percentuale significativamente maggiore di pazienti trattati con la dose di induzione per via endovenosa era in remissione clinica rispetto al placebo.

Alla settimana 44, i pazienti che avevano risposto al farmaco ed erano stati trattati con la dose di mantenimento per via sottocutanea ogni 8 settimane, mostravano remissione clinica nel 44% dei casi, percentuale quasi doppia rispetto a quella raggiunta dal placebo, attestatasi al 24%.

Lo studio UNIFI-LTE ha, inoltre, confermato che la maggior parte dei pazienti è stata in grado di mantenere uno stato di remissione duraturo, sino alla settimana 92: risultano, infatti, in remissione sintomatica circa 2 pazienti trattati su 3.
Dopo 152 settimane di trattamento, il 55,2% dei pazienti presenta remissione dei sintomi, nel 96,4% dei casi senza impiego di corticosteroidi.

Efficacia e sicurezza del trattamento

La sicurezza di ustekinumab alla settimana 156 è stata, inoltre, valutata per tutti i pazienti trattati nello studio UNIFI-LTE, che hanno ricevuto oltre 1.200 anni-paziente di follow-up. Gli eventi avversi, di diverso grado, si sono manifestati uniformemente, in linea con il placebo.

L’efficacia di ustekinumab nel trattamento della colite ulcerosa risulta ampiamente documentata anche in studi di real life, sia nel breve che nel lungo termine, in coorti refrattarie con alti tassi di risposta e remissione libera di steroide e di significativa persistenza in trattamento.
Anche uno studio italiano ne ha confermato l’efficacia, in una coorte di pazienti refrattaria, con tassi di risposta e persistenza in trattamento rispettivamente dell’82% e dell’87%.

Alla luce dei profili di efficacia e sicurezza, ustekinumab dovrebbe essere impiegato nella colite ulcerosa già a partire dalle prime linee di trattamento e non in quelle più tardive, come accade sovente, per consentire una probabilità più elevata di raggiungere tassi di remissione ancora più significativi.

La flessibilità di somministrazione

Grazie alla rimborsabilità e alla flessibilità di somministrazione, il trattamento non impatta negativamente sulla vita del paziente: lo stesso deve essere avviato infatti con una singola dose per via endovenosa, cui fa seguito, dopo 8 settimane, la prima somministrazione sottocutanea, seguita dalle successive ogni 12 settimane.

In caso di pazienti che non rispondano alla dose ogni 12 settimane è possibile aumentare la frequenza di dosaggio, riducendola a 8 settimane.

Elena D’Alessandri