Cancro al seno, per identificarlo potrebbe bastare prelievo di sangue

(immagine: Thirdman, Pexels)

Le donne con mutazioni dei geni Brca1, Brca2, Palb2, Atm, Chek2 presentano un maggiore rischio di sviluppare il cancro al seno, fino al 72%.
Per questo, devono essere sottoposte a screening in età più precoce e con maggiore frequenza rispetto alla popolazione generale.
Nonostante ciò, fino al 17% di loro può sviluppare tumori negli intervalli tra gli esami di controllo.
Dia qui l’esigenza di disporre di analisi rapide, semplici da eseguire, a elevate prestazioni, che possano assicurare un monitoraggio il più possibile costante.

Sei proteine distintive

In questo contesto, è stato presentato durante la 13ᵃ Conferenza europea sul cancro al seno, svoltasi in novembre a Barcellona, lo studio “Trial Early Serum Test Breast Cancer (Testbreast)”, avviato nel 2011 e condotto da un gruppo di ricercatori olandesi.

Gli studiosi hanno arruolato 1.174 donne di età compresa tra 25 e 75 anni, portatrici di mutazioni dei geni Brca, assistite in nove centri nei Paesi Bassi, alle quali hanno prelevato regolarmente campioni di sangue, raccogliendone più di 3 mila in dieci anni. Si sono, quindi, concentrati su sei donne, di cui tre erano andate incontro alla neoplasia e tre non avevano manifestato la patologia.

Per ognuna hanno analizzato, con spettrometria di massa con cromatografia liquida avanzata, cinque campioni, per un totale di trenta campioni, con l’obiettivo di esaminare i cambiamenti prediagnostici nei livelli proteici.
L’analisi ha evidenziato, su 764 proteine candidate, sei proteine distintive, significativamente associate a insorgenza precoce di carcinoma mammario, rilevabili anche due anni prima della diagnosi.

Lo studio continua

«La nostra ricerca ha rivelato che ogni paziente presenta modelli unici e identificabili di raggruppamento proteico», spiega Sophie Hagenaars, ricercatrice dell’University Medical Center di Leiden, nei Paesi Bassi.
«Attualmente lo studio sta proseguendo, coinvolgendo un maggior numero di donne. Se questi primi risultati verranno confermati, il test potrebbe essere impiegato nelle donne ad alto rischio ogni sei mesi in modo da consentire, in aggiunta alle tecniche di screening esistenti, un monitoraggio continuo.
Una volta notata una modificazione nei livelli di proteine, le pazienti verranno sottoposte a risonanza magnetica, per poi valutare le opzioni a disposizione, inclusa la mastectomia preventiva».

Paola Arosio