La prima causa di morte al mondo è rappresentata dalle patologie cardiovascolari (CVD), lo dicono i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Nel 2019 queste patologie, in particolare infarto e ictus, hanno causato il 32% di tutte le morti a livello globali.
I più colpiti sono i Paesi a basso e medio reddito, ma le cifre sono alte anche per l’Europa, dove si stima che muoiano per CVD circa 60 milioni di persone ogni anno.
Un’analisi condotta dalla London School of Economics and Political Science (LSE) su commissione della Federazione Europea delle Industrie e delle Associazioni Farmaceutiche (EFPIA) pone l’accento sul ruolo della prevenzione secondaria e, in particolare, su una corretta gestione del colesterolo, dell’ipertensione e della glicemia nei pazienti con CVD, abbinata a riduzione o cessazione del tabagismo, a una sana alimentazione e a un’attività fisica costante. Azioni preventive che potrebbero portare a evitare oltre 1 milioni di morti in 10 anni.
Servono però precise politiche, come sottolineato dalle raccomandazioni emanate dalla stessa EFPIA, alla quale partecipa anche l’Italia.
6 raccomandazioni per una prevenzione secondaria efficace
L’EFPIA propone come primo passo di realizzare un Piano cardiovascolare dell’Unione Europea atto a utilizzare al meglio le Linee Guida già prodotte dalle Società Scientifiche e a finanziare in modo consistente la proposta dell’Alleanza europea per la salute cardiovascolare. Contestualmente, devono essere messi in atto Piani Nazionali per migliorare l’accesso all’assistenza sanitaria delle persone con CVD, perché tutte possano egualmente ricevere le cure di cui necessitano, e realizzate Linee Guida standardizzate valide per tutti i Paesi dell’Unione, così da uniformare il trattamento e garantire ai pazienti la possibilità di effettuare un monitoraggio costante di pressione sanguigna, colesterolo e glucosio.
Dal momento che il diabete favorisce il peggioramento della condizione cardiovascolare, occorre pensare a controlli congiunti che vadano a verificare la presenza di CVD nei pazienti diabetici, la diagnosi precoce permette, infatti, di avviare percorsi di cura più efficaci.
Per favorire un migliore e maggiore raggiungimento degli obiettivi da parte dei pazienti, i sistemi sanitari devono essere incentivati, per esempio, attraverso pagamenti legati alla performance.
Da ultimo, secondo EFPIA è necessario migliorare la raccolta dei dati, così da avere stime più accurate sull’impatto che la prevenzione secondaria ha sulle CVD e poterne ricavare i costi/benefici.
Possibile impatto per l’Italia
Spiega Claudio Borghi, Professore Ordinario di Medicina Interna Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università di Bologna: «Nel nostro Paese, come altrove in Europa, c’è un’enorme opportunità per contrastare i fattori di rischio reversibili nelle persone affette da malattie cardiovascolari. Seguire gli obiettivi terapeutici e le raccomandazioni basate sull’evidenza scientifica, può avere un impatto profondo sulla salute cardiovascolare della popolazione italiana.
Abbiamo il potenziale per prevenire un numero significativo di eventi cardiovascolari fatali nei prossimi anni, attraverso uno sforzo verso la piena implementazione delle strategie di prevenzione e gestione delle CVD. Questo richiede un impegno congiunto da parte dei decisori politici, dei professionisti sanitari e degli individui stessi. Non possiamo trascurare questa sfida, né sottovalutare l’importanza di agire tempestivamente e in modo efficace.
La prevenzione delle CVD non è solo una responsabilità individuale, ma una necessità collettiva che richiede azione e impegno da parte di tutti».
Un lavoro di concerto che certamente richiede energie, ma che potrebbe portare notevoli vantaggi in termine di sopravvivenza anche in Italia: si parla di 120 mila morti in meno derivate da una corretta gestione della glicemia, 20 mila da una corretta gestione del colesterolo LDL e 3,5 mila dalla pressione sanguigna.
Ci sono poi da tenere presenti i possibili risparmi per i sistemi sanitari: un migliore monitoraggio e un cambio di stili di vita potrebbe, infatti, ridurre il peggioramento delle CVD, con conseguente riduzione dei costi sanitari diretti e indiretti.
Nel 2021 in Europa sono stati spesi 282 miliardi di euro per le CVD, dei quali 130 miliardi destinati alle ospedalizzazioni e 47 miliardi alla perdita di produttività legata a decessi prematuri.