L’artrite reumatoide è una patologia infiammatoria sistemica autoimmune invalidante che colpisce, nel nostro Paese, circa 400mila persone, con un’incidenza annua di circa 2-4 nuovi casi ogni 10mila abitanti.

Il percorso terapeutico di questi pazienti può includere l’uso di metotrexato, sostanza capace di inibire la crescita cellulare che, in questo caso, agisce sul sistema immunitario, indebolendolo. Il metotrexato fa parte dei farmaci DMARD, ovvero “Farmaci antireumatici che modificano la malattia”. Nello specifico, questa molecola si usa quando altri farmaci non danno i risultati attesi.

Esistono, tuttavia, dubbi rispetto alla possibilità di assumere questa molecola in monoterapia per lungo tempo, sia per l’efficacia che per gli effetti collaterali che può determinare, come problemi di stomaco e vomito, mal di testa, sensazione di stanchezza, problemi di vista.

Gli esperti stanno quindi cercando di capire quale sia la migliore modalità di assunzione. Se usato per iniezione sottocutanea, infatti, la terapia sembra essere efficace, ma parecchi pazienti prediligono l’utilizzo di prodotti orali, da qui la necessità di approfondire la questione.

Di recente un team di ricerca indiano ha presentato i risultati dello studio SMART al congresso annuale dell’American College of Rheumatology.

Lo studio SMART

Gli autori si sono concentrati quindi su 2 tipologie di terapia orale: una in singola dose giornaliera 1 volta la settimana e la seconda in dose frazionata, 1 giorno la settimana.

253 i pazienti reclutati, per lo più donne, tutti con malattia attiva da più di 5 anni e in regime terapeutico che non prevede l’uso di altri DMARD, a parte idrossiclorochina e/o prednisolone a basso dosaggio.

I pazienti sono stati divisi in 2 gruppi: 128 hanno assunto metotrexato in dose frazionata, ovvero 10 mg la mattina e 15 mg la sera, mentre 125 in dose singola da 25 mg. Durata del trattamento, 24 settimane.

Alla fine del periodo di somministrazione gli autori hanno confrontato gli outcome dei 2 gruppi in termini di risposta EULAR (European League Against Rheumatism), che combina la valutazione dell’indice DAS28 in un dato momento, in questo caso all’inizio del trattamento, e la sua variazione nel tempo.

Endpoint secondari sono risposta EULAR a 16 settimane, risposta DAS28, ACR20, ACR50 e ACR70, insieme all’outcome HAQ e a quelli di safety, a 24 settimane.

Dose frazionata sembra dare esiti migliori, anche se non statisticamente significativi

La risposta EULAR a 24 settimane è stata buona nel 28,9% dei pazienti sottoposti a regime a dose frazionata e dal 22,4% degli altri: si nota una lieve differenza percentuale, ma l’endpoint non raggiunge livelli statisticamente significativi. Ciò vale anche per altri endpoint, come sottolineato dagli stessi autori: «a 24 settimane, nessuna delle differenze nella risposta secondaria era statisticamente significativa».

Tuttavia, a 16 settimane i pazienti che hanno assunto dose frazionata mostrano livelli più alti di ACR20, ACR50 e ACR70, con differenze tra i due gruppi rispettivamente del 24,6%, 19,5% e 12,2%. Anche la risposta EULAR a 16 settimane è superiore del 17,4% nel gruppo con terapia frazionata rispetto a terapia singola.

Infine, la terapia frazionata sembra ridurre la necessità di avviare anche una seconda terapia con altro DMARD. Gli autori hanno concluso suggerendo di continuare con le ricerche, magari valutando endpoint primari differenti.

Studio: Prasad. C et al. Comparison of Two Dosing Schedules for Oral Methotrexate (Split-Dose versus Single-Dose) Once Weekly in Patients with Active Rheumatoid Arthritis: A Multicenter, Open Label, Parallel Group, Randomized Controlled Trial (SMART Study) [abstract]. Arthritis Rheumatol. 2023; 75 (suppl 9)