Acido valproico in GCSE e vantaggi clinici

Per crisi tonico-cloniche bilaterali e perdita di coscienza (GCSE) si intendono eventi convulsivi di durata superiore ai cinque minuti oppure consecutivi senza risveglio tra uno e l’altro. Nei pazienti nei quali le benzodiazepine non consentono di controllare gli eventi GCSE, le linee guida suggeriscono l’uso di farmaci di seconda linea, tra i quali l’acido valproico.
Anche in questo modo, però, dal 20 al 43% dei pazienti convive con GCSE refrattarie a qualsiasi trattamento noto, andando incontro a un maggior numero di ospedalizzazioni, a ricoveri più lunghi e anche a un maggior rischio di morte. Non è raro, poi, che questi pazienti richiedano un ricovero prolungato in Terapia Intensiva.
Gli specialisti stanno quindi individuando farmaci da associare agli interventi già utilizzati e in grado di risolvere più rapidamente il problema.

Uno studio multicentrico, in doppio cieco, randomizzato controllato francese, condotto dal gruppo Explorations Neurologiques en Reanimation (GENER), ha valutato se l’aggiunta di iniezioni intravenose di acido valproico alla strategia antiepilettica graduale indicata dalle linee guida possa aumentare il numero di pazienti con GCSE che sopravvivono alle crisi e vengono dimessi entro quindici giorni dall’esordio della crisi.
244 i pazienti coinvolti: 126 hanno ricevuto l’iniezione di acido valproico, mentre gli altri un placebo. Al loro accesso, 224 pazienti hanno ricevuto benzodiazepine come prima linea di trattamento e 141 come seconda. Ai soggetti refrattari a questo trattamento al momento del ricovero in Terapia Intensiva è stato somministrato un farmaco antiepilettico sedativo.

L’acido valproico è stato sempre somministrato come terza linea di trattamento. I pazienti sono stati randomizzati una volta entrati in Terapia Intensiva. Solo a questo punto, quindi, è iniziato lo studio vero e proprio: i soggetti rientrati nel gruppo di studio hanno ricevuto una dose di carico di acido valproico pari a 30 mg/kg di peso, seguita, a partire da una quindicina di minuti dopo, da una dose intravenosa continuativa di 1 mg/kg/h per le 12 ore successive.

Una volta confrontati gli esiti sui due gruppi, i risultati si sono rivelati scoraggianti. La somministrazione dell’acido valproico aggiuntiva non ha sortito alcun effetto sulle dimissioni a 15 giorni, avvenuta in entrambi i gruppi nel 61% dei casi. La mortalità ospedaliera è stata del 6% nel gruppo di studio e del 2% nell’altro: questa differenza ha però una spiegazione chiara… la mortalità è stata associata alla presenza di tumore cerebrale e questo era più diffuso nel gruppo trattato con acido valproico.
Per quanto riguarda gli eventi avversi, questi sono stati maggiori nel gruppo di studio, pari al 44% contro il 36%, ma se si considerano quelli gravi la differenza tra le percentuali si appiana. Di fatto, la somministrazione di acido valproico utilizzata è risultata essere ben tollerata. Purtroppo, come visto, questa non ha portato a vantaggi clinici reali. Lo studio, però, ha permesso di verificare che negli ospedali che hanno partecipato i pazienti con GCSE sono trattati secondo le linee guida, motivo per il quale hanno esiti positivi nella maggioranza dei casi.

(Lo studio: Sharshar, T., Porcher, R., Asfar, P. et al. Valproic acid as adjuvant treatment for convulsive status epilepticus: a randomised clinical trial. Crit Care 27, 8 (2023). https://doi.org/10.1186/s13054-022-04292-7)