«Nei fondali sono presenti migliaia di molecole», conferma Maurizio D’Incalci, direttore del Laboratorio di Farmacologia Antitumorale dell’Istituto Humanitas di Milano. «Molte di queste derivano da organismi invertebrati che, essendo privi di gusci e corazze e non disponendo quindi di una difesa meccanica contro i predatori, nel corso dell’evoluzione hanno imparato a sintetizzare composti in grado di allontanare gli aggressori. Si tratta, di solito, di sostanze con una struttura complessa e una concentrazione elevata, che impedisce all’acqua di mare di diluirle troppo rapidamente».
A dare un importante impulso alla ricerca farmacologica in quest’ambito sono state le nuove tecnologie di esplorazione degli ambienti sottomarini e le tecniche di acquacoltura, unitamente allo sviluppo della spettroscopia analitica e alle moderne metodologie di sequenziamento del genoma.
Soprattutto medicinali antitumorali
I farmaci di derivazione marina attualmente presenti sul mercato sono dodici, quattro dei quali hanno ricevuto l’approvazione negli ultimi tre anni.
Come spiegano i ricercatori dell’Università di Pisa, si tratta perlopiù di molecole antitumorali, come la citarabina, un nucleoside sviluppato a partire dalla spugna Tethya crypta e utilizzato contro leucemia mieloide acuta, leucemia linfoblastica acuta, leucemia meningea, linfomi di Hodgkin e non-Hodgkin, e la fludarabina, approvata per il trattamento della leucemia linfatica cronica di tipo B avanzata. Simile a quest’ultimo medicinale è la nelarabina, indicata per la terapia di due tumori rari, ovvero la leucemia linfoblastica acuta a cellule T e il linfoma linfoblastico a cellule T.
C’è poi la trabectedina, una molecola derivata dall’Ecteinascidia turbinata, un organismo presente nei mari tropicali, nota per contrastare l’attività proliferativa delle cellule neoplastiche e ridurre l’infiammazione nel microambiente tumorale. Approvato contro il sarcoma dei tessuti molli e il carcinoma ovarico recidivante, il medicinale è ora in sperimentazione anche in altri tumori. Proprio partendo da questo farmaco i ricercatori hanno, inoltre, sintetizzato la lurbinectina, utilizzata contro il carcinoma polmonare a piccole cellule metastatico in progressione.
E ancora l’eribulina, un analogo sintetico di un composto isolato dalla spugna Halichondria okadai sulle coste del Giappone, impiegato contro il carcinoma mammario avanzato e il liposarcoma.
Si aggiungono alla lista brentuximab vedotin, polatuzumab vedotin, enfortumab vedotin, tre coniugati anticorpo e farmaco, in cui quest’ultimo è rappresentato dalla monometil-auristatina E, la prima tossina derivata dalla dolastatina, un peptide prodotto da un batterio presente nella Dolabella auricolaria, una lumaca marina che si trova nell’Oceano Indiano. Dalla modificazione della tossina è stata, inoltre, ottenuta anche la monometilauristatina F antimitotica, che va a formare il coniugato belantamab mafodotin, indicato per il trattamento del mieloma multiplo recidivante o refrattario.
Anche contro dolore cronico e trigliceridi
Ambito oncologico, quindi, ma non solo. I medicinali di origine marina sono sicuri ed efficaci anche contro altre patologie. Per esempio, ziconotide, un peptide composto da 25 amminoacidi la cui struttura ricorda quella della tossina omega-conopeptidica scoperta nella lumaca di mare Conus Magus, presente nell’Oceano Pacifico, è un potente analgesico usato nel trattamento del dolore cronico grave, in pazienti refrattari ad altri antidolorifici o alla morfina. Infine, gli esteri etilici acidi omega-3, derivati principalmente dai pesci, sono stati approvati per la riduzione dei trigliceridi nell’ipertrigliceridemia grave.
Sulla scia di questi promettenti risultati, gli istituti di ricerca di tutto il mondo stanno promuovendo sperimentazioni su nuovi farmaci di derivazione marina. In particolare, sono attualmente in corso quattro studi di fase 3, otto di fase 2 e venti di fase 1.
Paola Arosio