Lo scorso 26 marzo l’Università di Urbino ha ospitato un evento organizzato dalla Fondazione Pirozzi volto a raccontare il progresso della ricerca in vitro sul ruolo delle modificazioni genetiche nelle cellule tumorali.
Nel corso dell’evento sono stati presentati i risultati di uno studio condotto dal Dipartimento di Scienze Biomolecolari e dal Dipartimento di Scienze Pure e Applicate dell’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo sostenuto dalla Fondazione.
Si è tenuto lo scorso 26 marzo a Fano, nell’Aula Magna dell’Università di Urbino, l’evento “Siamo stati utili. Un contributo alla ricerca oncologica. Risultati e prospettive di una scienza che va avanti”, organizzato dalla Fondazione Pirozzi. L’obiettivo dell’iniziativa è stato quello di raccontare il progresso della ricerca in vitro sul ruolo delle modificazioni epigenetiche nelle cellule tumorali.
La ricerca è stata condotta dal Dipartimento di Scienze Biomolecolari e dal Dipartimento di Scienze Pure e Applicate dell’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo ed è stata sostenuta dalla Fondazione Pirozzi – in memoria di Francesca Pirozzi, morta di linfoma a 24 anni – con lo scopo di generare fondi per la ricerca e produrre contenuti ed informazioni utili per chi si ammala di tumore.
La storia della Fondazione e i suoi obiettivi
«Oggi raccontiamo una storia che è cominciata qualche anno fa con la perdita di mia figlia», ha spiegato il fondatore della Fondazione Pirozzi, Marco Pirozzi.
«Da questa storia triste abbiamo deciso di essere utili. La Fondazione ha fatto un grande lavoro e, oggi, abbiamo raccontato quelli che sono stati i suoi risultati.
Il progetto è partito in memoria di Francesca, e tutto ciò che viene fatto è per averla con noi.
Spesso, quando si parla di raccolte fondi, tante volte non si sa con certezza dove finiscono i contributi, per questo presentiamo pubblicamente i risultati di questa ricerca che, nonostante sia nata nel piccolo, da una famiglia, in qualche modo può competere e diventare un modello con il quale supportare la ricerca in campo nazionale».
Indagare i meccanismi molecolari alla base del cancro
Più in particolare, la Fondazione Pirozzi, nata con lo scopo di sostenere finanziariamente la ricerca scientifica e di offrire informazioni certificate a chi si ammala di tumore, sostiene, finanziariamente, tra le altre, l’attività di ricerca del Dipartimento di Scienze Biomolecolari di Urbino.
«Siamo molto riconoscenti alla Fondazione Pirozzi perché è grazie anche al supporto privato che la ricerca oncologica sta facendo importanti progressi e porta dati utili per la collettività», ha sostenuto Mirco Fanelli, professore ordinario del Dipartimento di Biologia Molecolare dell’Università di Urbino.
«Nel laboratorio di Patologia Molecolare la nostra attività di ricerca si occupa della comprensione dei meccanismi molecolari alla base del cancro.
In particolare, ci stiamo dedicando alla comprensione dei meccanismi epigenetici, cioè tutti quei meccanismi che sono normalmente deputati al controllo della funzione del nostro DNA, del nostro genoma, e che nel cancro subiscono delle alterazioni che chiamiamo modificazioni epigenetiche.
Le epimutazioni sono per natura reversibili e quindi molto interessanti per i ricercatori che da ormai due decenni stanno tentando, con diverse strategie, di ricondurre alla condizione normale, con conseguente beneficio terapeutico.
La conoscenza delle anomalie epigenetiche nel cancro ci consente, poi, di individuare dei possibili target terapeutici.
Questa è l’altra parte della ricerca che portiamo avanti insieme al gruppo dei chimici facenti capo al prof. Vieri Fusi e che è diretta alla sintesi di molecole che possono avere un ruolo biologico nella speranza che possano diventare potenziali farmaci futuri.
L’attività di ricerca che svolgiamo è una ricerca sperimentale applicata su modelli cellulari in vitro, che potranno poi essere testati su modelli cellulari più complessi fino ad arrivare, se i dati la supporteranno, alla sperimentazione in vivo. In sintesi, studiamo il cancro sotto un punto di vista epigenetico, provando a delineare nuovi approcci terapeutici».