Era il 1964 quando il nefrologo australiano Peter Brian Doak descrisse per la prima volta una malattia linfoproliferativa, una neoplasia ematologica rara, con un decorso aggressivo, spesso associata al virus di Epstein-Barr, che si verifica nei pazienti sottoposti a trapianto allogenico di organo solido o di cellule staminali, la cui risposta immunitaria è stata compromessa dal trattamento necessario per ridurre la possibilità di rigetto.
La frequenza della patologia, che è in generale compresa tra l’1 e il 10%, dipende dal tipo di trapianto effettuato. In particolare, per quanto riguarda gli organi solidi, è più elevata dopo il trapianto di polmone o di intestino tenue e minore in seguito al trapianto di rene, mentre per quanto riguarda le cellule staminali si attesta intorno all’1-3%.
Le terapie convenzionali
La diagnosi avviene dopo 12 mesi dal trapianto di organo solido nel 50% dei casi ed entro 6-12 mesi da quello di staminali. Gli attuali approcci terapeutici mirano da un lato a ripristinare l’immunità tramite la riduzione dell’immunosoppressione e dall’altro a colpire le cellule neoplastiche tramite chemioterapia e anticorpi, come rituximab.
I pazienti che non rispondono a queste terapie hanno, però, una sopravvivenza limitata: di soli 4,1 mesi nel caso del trapianto di organi solidi e di 0,7 mesi nel caso del trapianto di staminali.
Lo studio registrativo
Per offrire un’opportunità in più a questi assistiti la Commissione europea ha concesso l’autorizzazione all’immissione in commercio a tabelecleucel, una immunoterapia a cellule T allogenica, indicata per il trattamento sia di adulti, sia di bambini dai due anni d’età.
L’approvazione europea, che fa seguito al parere positivo espresso nell’ottobre 2022 dal Comitato per i medicinali per uso umano, si basa sui risultati dello studio registrativo di fase 3 allele, in aperto, multicentrico, a braccio singolo, che ha esaminato la sicurezza e l’efficacia della molecola in 43 pazienti con un’età media di 48,5 anni (29 destinatari di trapianto di organi solidi e 14 di trapianto di staminali) con malattia linfoproliferativa post-trapianto positiva al virus di Epstein-Barr recidivata o refrattaria, che avevano ricevuto almeno una terapia precedente.
Risultati positivi
I risultati, rilevati a novembre 2021, hanno mostrato un tasso di risposta obiettiva del 51,2%. Il tempo mediano alla risposta è stato di un mese e la durata mediana della risposta nei responder di 23 mesi. La sopravvivenza globale mediana si è, invece, attestata a 18,4 mesi, mentre i tassi di sopravvivenza a un anno sono stati del 61,1%.
Tra gli eventi avversi più comuni del medicinale sono stati riscontrati febbre, diarrea, stanchezza, bassi livelli di globuli rossi, diminuzione dell’appetito, bassi livelli di sodio nel sangue.
Sono attualmente in corso ulteriori studi per esaminare gli effetti del farmaco in pazienti con leiomiosarcomi positivi al virus di Epstein-Barr.
Paola Arosio