È disponibile ibrutinib in una nuova formulazione, compresse rivestite con film in monosomministrazione giornaliera, indicata nel trattamento di leucemia linfatica cronica, linfoma mantellare e macroglobulinemia di Waldenström.
La molecola è ora disponibile anche in adulti con leucemia linfatica cronica di età inferiore ai 65 anni. Lo annuncia Janssen, azienda farmaceutica produttrice del Gruppo Johnson & Johnson.
La nuova formulazione
Migliorare l’aderenza terapeutica al farmaco, nonché la qualità della vita di pazienti affetti da alcune neoplasie del sangue più tipiche dell’anziano, quali leucemia linfatica cronica, linfoma mantellare e macroglobulinemia di Waldenström.
Con questo obiettivo è stato ri-formulato ibrutinib, un inibitore della tirosin chinasi di Bruton (BTK), già disponibile in compresse rivestite con film.
Rispetto alla precedente formulazione in capsule, prevede un’unica somministrazione giornaliera per tutte e tre le indicazioni; nello specifico si ha il passaggio da tre capsule da 140 mg ciascuna ad un’unica compressa da 420 mg al giorno in caso di leucemia linfatica cronica e macroglobulinemia di Waldenström e da quattro capsule ad una singola compressa da 560 mg/die per il linfoma mantellare.
La molecola inoltre è disponibile, anche in Italia, per pazienti con leucemia linfatica cronica di età inferiore ai 65 anni.
I dati di efficacia derivati dall’impiego di Ibrutinib, in monoterapia o in associazione con altre molecole, sostenuti da diversi studi di fase 3, hanno segnato un cambio di paradigma nella gestione pazienti giovani di nuova diagnosi con leucemia linfatica cronica, oggi tratatbile con quests terapia agile a fronte di precedenti cicli di chemioterapia standard come FCR (fludarabina, ciclofosfamide e rituximab).
Tali indicazioni giungono a seguito dei risultati di alcuni studi recenti, in particolare di ECOG1912, registrativo, di fase III.
Lo studio
ECOG1912 ha confrontato l’impiego di Ibrutinib, in combinazione con rituximab, rispetto alla combinazione FCR, in 529 pazienti fit e con età inferiore ai 70 anni con leucemia linfatica cronica di nuova diagnosi: si tratta del primo studio di confronto in questa categoria di pazienti.
Vi sarebbe evidenza dai dati emersi di una sopravvivenza libera da progressione mediana, endpoint primario dello studio, statisticamente superiore nel braccio I+R rispetto a quello FCR, nei pazienti con o senza mutazione del gene IGHV.
Lo stato mutazionale dei geni codificanti la porzione variabile della catena pesante delle immunoglobuline (IGHV) è, infatti, un fattore prognostico di sicuro interesse per alcune neoplasie ematologiche, tra cui la Leucemia Linfatica Cronica.
Inoltre, nel braccio I+R è stato osservato un miglioramento prolungato della sopravvivenza globale (OS) rispetto a FCR, soprattutto nel paziente con mutazione del gene IGHV, dimostrando anche che il paziente che non discontinua il trattamento ottiene una risposta sostenuta e prolungata nel tempo.
«I risultati dello studio E1912 con un follow up a 6 anni e mezzo», dichiara Paolo Ghia, Professore di Oncologia Medica, Università Vita-Salute San Raffaele, «si aggiungono a quelli di altri studi in cui Ibrutinib ha dimostrato superiorità verso regimi chemioimmunoterapici più comunemente utilizzati, garantendone l’utilizzo, in prima linea, anche in pazienti con leucemia linfatica cronica al di sotto dei 65 anni.
Il significativo vantaggio in termini di sopravvivenza libera da malattia e di sopravvivenza globale permette di offrire una nuova opzione di terapia anche nei pazienti più giovani e con un buon performance status.
In aggiunta, la nuova formulazione orale in compresse potrebbe contribuire a migliorare l’aderenza alla terapia e quindi, a replicare anche nella pratica clinica i risultati ottenuti negli studi clinici».
La molecola
Ibrutinib è un farmaco antitumorale inibitore della tirosina chinasi di Bruton (BTK), primo della sua classe a somministrazione orale, in compresse rivestite da film, una volta al giorno, rimborsato in Italia per il trattamento di pazienti adulti con: leucemia linfocitica cronica precedentemente non trattata, in monoterapia; leucemia linfocitica cronica che hanno ricevuto almeno una precedente terapia, in monoterapia; linfoma mantellare recidivato o refrattario, in monoterapia; macroglobulinemia di Waldenström che hanno ricevuto almeno una precedente terapia in monoterapia.
Ibrutinib agisce bloccando la BTK, una proteina che invia ai linfociti B “segnali” fondamentali per la maturazione e la produzione di anticorpi.
Gli studi preclinici hanno dimostrato che ibrutinib inibisce in modo efficace la proliferazione maligna dei linfociti B e la loro sopravvivenza in vivo, come pure la migrazione cellulare e l’adesione al substrato in vitro.
I tumori del sangue
Ibrutinib trova indicazione all’uso in: leucemia linfatica cronica, la forma di leucemia più frequente tra gli adulti nei paesi occidentali e rappresenta il 30%di tutte le leucemie. In Italia le stime parlano di circa 1.600 nuovi casi ogni anno tra gli uomini e 1.150 tra le donne.
Si tratta di una malattia prevalentemente tipica nell’anziano, tuttavia, il 15% dei casi viene diagnosticato prima dei 60 anni. In più della metà dei pazienti, la patologia viene rilevata per caso, nel corso di esami di routine.
Con l’evolvere della malattia, possono presentarsi sintomi aspecifici, tipici anche delle altre forme di leucemia.
Inoltre nella linfoma mantellare e macroglobulinemia di Waldenström, malattie linfoproliferative più rare che corrispondono rispettivamente al 2-10%di tutti i linfomi e a 2,5 casi su 1 milione di persone, anch’esse spesso di riscontro occasionale.
I sintomi, quando presenti, sono molto variabili, comuni ad altri disordini linfoproliferativi o strettamente correlati alle caratteristiche della componente monoclonale, nel caso di malattia di Waldenström.
Francesca Morelli