Tumore mammario triplo negativo: approvata rimborsabilità di sacituzumab govitecan

Circa il 15% di tutte le diagnosi per tumore al seno riguarda il carcinoma mammario metastatico triplo negativo (TNBC), la forma più aggressiva di questa neoplasia, associata solo al 12% di sopravvivenza a 5 anni, contro il 28% delle altre forme. Più frequente nelle donne sotto i 50 anni e in quelle di etnia nera o ispanico-americana, il TNBC si manifesta in quasi tutte le donne con mutazione nei geni BRCA e ha una probabilità di recidiva altissima, il cui picco è nel terzo anno dopo la diagnosi. Data l’età di insorgenza precoce, questo tumore si associa poi a grandi difficoltà emotive e psicologiche, perché le donne sono spesso madri, mogli e lavoratrici e si trovano a dover approntare cambiamenti alla propria esistenza. L’unica monoterapia a oggi esistente per trattare questo tumore è l’anticorpo farmaco-coniugato sacituzumab govitecan che attacca la proteina Trop-2, antigene sovraespresso nel carcinoma mammario triplo negativo. In questi giorni AIFA ha approvato la rimborsabilità per l’uso di questo farmaco in donne con tumore TNBC non operabile o metastatico.
Il prof. Saverio Cinieri, presidente AIOM, sottolinea: «la comunità scientifica italiana e l’Associazione Italiana di Oncologia Medica attendevano da tempo l’arrivo anche nel nostro Paese di questo trattamento innovativo e specifico per il carcinoma mammario metastatico triplo negativo, una patologia per la quale fino a oggi non disponevamo di strumenti terapeutici specifici».

AIFA ha dato il proprio nulla osta al farmaco basandosi sui risultati dello studio di fase III ASCENT che ha coinvolto centri esperti di tutto il mondo e oltre 500 pazienti: si tratta di uno studio in aperto e randomizzato nel quale si è messa a confronto l’efficacia di sacituzumab govitecan con quella di un altro chemioterapico scelto dal medico curante tra la eribulina, la capecitabina, la gemcitabina e la vinorelbina.
I risultati, presentati presso il congresso ASCO di Chicago, evidenziano chiaramente che il sacituzumab govitecan aumenta di molto la sopravvivenza mediana libera da progressione rispetto agli altri farmaci presi in considerazione: nel dettaglio, si parla di 4.8 mesi contro 1.7.

Migliora anche la sopravvivenza globale mediana che arriva a 11.8 mesi rispetto ai 6.9 dati dai chemioterapici di vecchia generazione. Inoltre, il tasso di sopravvivenza globale a 2 anni è del 20.5%, contro il 5.5% degli altri farmaci.

Conclude la professoressa Lucia Del Mastro, professore ordinario di Oncologia Medica presso l’Ospedale San Martino Università di Genova: «l’arrivo di sacituzumab govitecan in Italia rappresenta per noi oncologi, ma soprattutto per i pazienti italiani, al contempo un traguardo e un punto di partenza importante affinché questa malattia così aggressiva possa essere trattata con un farmaco specifico e altamente innovativo».

Essendo una terapia mirata, infatti, questo farmaco offre il vantaggio di avere meno effetti indesiderati, il che porta a un miglioramento della qualità di vita correlata alla salute.

Stefania Somaré