Tumore del polmone: il valore dello screening

Un modello sviluppato da C.R.E.A Sanità conferma l’utilità dello screening, capace di aumentare la speranza di sopravvivenza dei pazienti e riducendo le spese a carico del SSN.

Il tumore del polmone è la prima causa di morte oncologica in Italia, con una media di 34 mila nuovi decessi ogni anno. Inoltre, questa neoplasia rappresenta il 15% di tutti i tumori nell’uomo e il 6% nelle donne.

Se negli anni si sono visti miglioramenti nell’aspettativa di sopravvivenza dei pazienti colpiti, è pur vero che molto di più si potrebbe fare facilitando le diagnosi precoci: come per altre forme tumorali, inizialmente silenti, anche questo carcinoma gode di diagnosi spesso tardive, fatte quando oramai la massa è molto estesa, se non addirittura in metastasi.

Trattare forme tumorali agli esordi è sempre più facile. Ecco perché andrebbe introdotto, accanto a quelli già esistenti, anche uno screening per il tumore polmonare. Secondo uno studio di C.R.E.A Sanità, lo screening porterebbe vantaggi non solo ai pazienti, con un incremento di sopravvivenza in media di 7,63 anni, ma anche al sistema sanitario, con una riduzione di 2,3 miliardi di euro. 

Il modello di C.R.E.A Sanità

Diversamente da altri modelli preesistenti, quello sviluppato da C.R.E.A. Sanità, con il supporto di Roche Italia, tiene conto anche dell’impatto dei nuovi farmaci sul percorso di cura, come l’immunoterapia, e basa la propria valutazione economica su evidenze di costo-efficacia, costo-utilità, impatto finanziario (budget impact).

«Il modello elaborato», ha spiegato Federico Spandonaro, professore aggregato dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata e presidente del Comitato Scientifico C.R.E.A. Sanità, «dimostra che la promozione di uno screening della popolazione ad alto rischio per il carcinoma polmonare è una politica di sanità pubblica efficace ed efficiente che, purché adeguatamente promossa e incentivata, risulta anche sostenibile da un punto di vista finanziario».

Va previsto un investimento iniziale di circa 80 milioni di euro, in gran parte assorbiti dall’organizzazione dello screening, ma si stima che tale cifra sarebbe coperta già dai risparmi del primo anno, calcolati in circa 180 milioni di euro. Il modello è già stato presentato alla Camera dei deputati. Si può poi arricchire lo scenario con ulteriori dati.

Se si stima di effettuare lo screening ogni 2 anni, magari solo sulla popolazione ad alto rischio, ovvero quella tra i 50 e i 79 anni e con alta esposizione al fumo, e di avere un tasso di risposta del 30%, allora è possibile calcolare il numero di TC a basso dosaggio necessarie, ovvero 460 mila l’anno.

Occorrerà individuare i centri dove fare le TC e le modalità di erogazione dello screening. Hanno collaborato alla realizzazione del modello Giulia Veronesi, professoressa presso Irccs Ospedale San Raffaele di Milano, Ferrara R., ricercatore del Dipartimento di Oncologia Medica dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, Graziano P., Direttore dell’Unità di Patologia dell’Istituto di Ricerca Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo, in Puglia.

Il ruolo della diagnosi precoce

Spiega Giulia Veronesi: «quando il tumore al polmone viene diagnosticato e trattato in fase precoce con chirurgia e farmaci si possono raggiungere tassi di sopravvivenza a 5 anni intorno all’80%. Per questo, investire in un programma strutturato di screening polmonare è oggi più cruciale che mai, perché consente un guadagno di vita di oltre 7 anni a fronte di un risparmio economico per il Sistema sanitario nazionale».

Di screening polmonare sta parlando tutta l’Europa e non solo l’Italia. Ci vuole però l’azione politica. L’on. Ugo Cappellacci, presidente della XII Commissione Affari Sociali della Camera dei deputati, fa presente che «in Commissione abbiamo svolto una serie di audizioni sul Piano Europeo Contro il Cancro da cui, una volta di più, emerge che impiegare nuove risorse a favore della salute non va considerato una spesa, ma il migliore investimento e la migliore riforma che si possa attuare».

Diagnosi precoce significa anche poter utilizzare farmaci innovativi, come l’immunoterapia, che spesso sono più attivi nelle prima fasi tumorali.

Conferma Federico Pantellini, Medical Lead Roche Italia: «per poter assicurare i benefici associati a questi trattamenti, è prioritario effettuare una diagnosi quanto più precoce e lo screening è uno strumento chiave». Speriamo quindi che questo screening arrivi presto; i suoi cugini, rivolti a tumore alla mammella, del colon-retto e della cervice uterina, hanno portato risultati interessanti negli ultimi anni.