Impiegato nella terapia dell’artrite reumatoide, il farmaco anakinra si è dimostrato efficace nel contrastare il Covid grave. Lo conferma lo studio di fase 3 “Save More”, randomizzato e controllato in doppio cieco, condotto in 37 centri (29 in Grecia e 8 in Italia), con il coordinamento dei ricercatori dell’Università Nazionale Capodistriana di Atene.
Attenta selezione dei pazienti
Il punto di partenza della ricerca è stato un’accurata selezione dei pazienti ospedalizzati. «Per identificare gli assistiti più a rischio di insufficienza respiratoria abbiamo misurato i livelli del recettore dell’attivatore del plasminogeno dell’urochinasi solubile (suPar) nel sangue, visto che, in caso di progressione della malattia, questo biomarcatore aumenta precocemente rispetto ad altri marcatori, tra cui proteina C-reattiva, interleuchina 6, ferritina, D-dimeri», ha spiegato Evangelos J. Giamarellos-Bourboulis, professore di medicina interna e malattie infettive nell’ateneo ateniese, oltre che presidente della European Shock Society e della European Sepsis Alliance. In base a questo criterio sono stati identificati 594 assistiti, alcuni dei quali già in trattamento con una terapia standard, come desametasone, anticoagulanti, remdesivir.
Risultati positivi
I partecipanti sono, quindi, stati suddivisi in due bracci: a 405 assistiti è stato somministrato per via sottocutanea per dieci giorni anakinra, un anticorpo monoclonale antagonista del recettore dell’interleuchina 1 alfa e beta, ai restanti 189 un placebo. Dopo 28 giorni, il 50,4% (204 su 405) dei pazienti che avevano ricevuto il farmaco si erano completamente ripresi (l’Rna virale non era più rilevabile) rispetto al 26,5% (50 su 189) degli assistiti che avevano assunto il placebo. Il 3,2% (13 su 405) e il 6,9% (13 su 189) dei pazienti nei bracci anakinra e placebo, rispettivamente, sono deceduti. Inoltre, nel gruppo di anakinra il tempo medio fino alla dimissione dall’ospedale o dall’unità di terapia intensiva è stato più breve, rispettivamente, di uno e di quattro giorni rispetto al gruppo placebo.
«L’impiego precoce di anakinra ha avuto un beneficio significativo, contribuendo a contenere gli alti livelli di infiammazione, che possono sfociare nella cosiddetta tempesta di citochine», ha commentato Giamarellos-Bourboulis. «Il miglioramento era, del resto, già evidente dal quattordicesimo giorno e ciò è importante perché è proprio in questo momento che si prevede un peggioramento del paziente».
Effetti collaterali
La frequenza degli assistiti con almeno un evento avverso grave, tra cui infezioni, polmonite associata al ventilatore, shock settico e disfunzione multiorgano, infezioni del flusso sanguigno, embolia polmonare, è stata del 21,7% (41 su 189) nel braccio placebo e del 16% (65 su 405) nel braccio anakinra. Tra gli effetti collaterali non gravi più comuni sono stati riscontrati aumento dei test di funzionalità epatica e iperglicemia, con una frequenza simile nei due bracci, mentre l’anemia era meno frequente nei pazienti trattati con anakinra rispetto a quelli trattati con placebo.
Il follow-up
Allo studio è poi seguito un monitoraggio dei pazienti nel tempo. In particolare, i risultati degli esami di laboratorio hanno mostrato che, negli assistiti trattati con anakinra, rispetto ai pazienti trattati con placebo, la conta assoluta dei linfociti era significativamente aumentata entro il settimo giorno, i livelli di interleuchina sei erano ridotti, i livelli plasmatici di proteina C-reattiva erano diminuiti notevolmente entro il settimo giorno.
Paola Arosio