La sepsi rappresenta un’emergenza sanitaria che, solo in Italia, si stima colpisca 250 mila persone. Fatale in un caso su quattro.
La sepsi è una sindrome clinica che si caratterizza per un’eccessiva risposta infiammatoria generalizzata, scatenata da un’infezione causata da microrganismi patogeni.
In generale, la sepsi uccide dieci volte più dell’infarto. Anche laddove non è fatale, lascia spesso numerose complicanze che impattano in modo radicale sulla qualità di vita del paziente.
L’importanza di uno screening precoce a supporto di una diagnosi appropriata in caso di sepsi è stato il tema centrale della seconda giornata di lavori della Summer School 2023 di Motore Sanità, tenutasi nei giorni scorsi a Gallio, Vicenza.
Cruciale è la tempestività
Francesco Curcio, direttore del Dipartimento di Medicina di Laboratorio dell’Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Udine, ha sottolineato: «guardando ai dati italiani, ovvero 60 mila morti all’anno, possiamo parlare di emergenza sanitaria.
Un’emergenza sanitaria purtroppo in costante aumento anche in conseguenza delle multi-resistenze e delle infezioni ospedaliere.
In una tale situazione un elemento che condiziona in modo molto marcato l’outcome clinico è la tempestività dell’intervento terapeutico: nei casi più gravi si hanno a disposizione solo poche ore e in generale per ogni giorno che passa senza diagnosi la mortalità raddoppia».
Il biomarcatore precoce di sepsi: MDW
La diagnosi di laboratorio si basa sulla coltura e identificazione del microrganismo responsabile e, successivamente, sulla definizione della sensibilità agli antibiotici. Questo iter tuttavia richiede alcuni giorni. Ed è poi importante valutare anche la risposta del paziente.
«In questo scenario il fattore tempo diventa cruciale: poter accedere a un biomarcatore come l’MDW – Monocite Distribution Width, ovvero indicatore precoce di sepsi con un altissimo valore predittivo, soprattutto in caso di esclusione della patologia, è fondamentale. Inoltre, è molto rapido: la risposta si ottiene in pochi minuti, direttamente dall’esame dell’emocromo», ha concluso Curcio.
Infezioni ospedaliere in aumento
Nel corso dell’evento, Francesco Saverio Mennini, professore di Economia Sanitaria e Economia Politica, Research Director-Economic Evaluation and HTA, CEIS, Università degli Studi di Roma Tor Vergata, presidente SIHTA, ha sottolineato il crescente impatto delle infezioni ospedaliere.
«La proporzione di ricoveri con presenze di infezioni ospedaliere sul totale di ricoveri per acuti per ciclo ordinario ha toccato il suo picco nel periodo pre-Covid, con circa 56 ogni mille ricoveri».
Questo evidenzia una crescita importante se si considera che questo dato nel 2010 era pari a 34, e richiede un intervento urgente volto a ridurre l’impatto sia epidemiologico che economico della sespsi.
L’impatto economico
Proprio a quest’ultimo riguardo, Mennini ha evidenziato che «uno studio in corso di pubblicazione dice che, in buona sostanza, la spesa imputabile per le infezioni ospedaliere (conseguenza come maggiori giorni di degenza) ammonta a circa 800 milioni di euro (dato del 2019).
Siamo di fronte a un impatto non solo dal punto di vista della salute, ma anche economico e finanziario molto importante, che si potrebbe ridurre fortemente con politiche legate all’antimicrobial stewardship – in modo da controllare il fenomeno della resistenza antimicrobica – e, allo stesso tempo, ridurre la diffusione delle resistenze.
Certamente avere a disposizione anche dei biomarcatori può rappresentare un’opportunità importante nell’ottica di ridurre le diffusioni e contribuire al processo del controllo del fenomeno della resistenza antimicrobica».