Sclerosi multipla, approvato in Italia ofatumumab

Via libera in Italia a ofatumumab, un trattamento domiciliare indicato per adulti con sclerosi multipla recidivante remittente, una malattia infiammatoria cronica del sistema nervoso centrale caratterizzata da distruzione della mielina e danno assonale a cervello, nervi ottici, midollo spinale e nella quale fasi di riacutizzazione si alternano a periodi con sintomi lievi o assenti.

La patologia, che in Italia colpisce 130 mila persone, con un’incidenza di circa 3.400 nuovi casi annui tra i 20 e i 40 anni e con una prevalenza doppia nelle donne rispetto agli uomini, conduce nel tempo a vari gradi di disabilità.

«Nonostante i grandi passi avanti compiuti dalla ricerca, contro questa patologia non esiste ancora un trattamento risolutivo», ha commentato Claudio Gasperini, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Neurologia e Neurofisiopatologia dell’Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini di Roma e docente alla scuola di specializzazione in Neurologia dell’Università La Sapienza, oltre che coordinatore del gruppo della Società Italiana di Neurologia per la sclerosi multipla.

«L’obiettivo è, quindi, quello di far intraprendere al paziente un percorso terapeutico specifico per il suo quadro clinico fin dall’insorgenza della malattia, al fine di rallentarne la progressione e di ridurre la frequenza e il numero di recidive».

Il confronto con teriflunomide

L’approvazione dell’agenzia regolatoria italiana si è basata sui dati dei due studi di fase 3 in doppio cieco Asclepios I e II, pubblicati nel 2020 sul New England Journal of Medicine.

I ricercatori hanno arruolato 1.882 pazienti. Di questi, 946 hanno ricevuto ofatumumab, un anticorpo monoclonale anti-CD20 che induce la diminuzione dei linfociti B e che viene autosomministrato dallo stesso assistito con un’iniezione sottocutanea una volta al mese, e 936 hanno avuto teriflunomide, un inibitore orale della sintesi della pirimidina, che riduce l’attivazione dei linfociti T e B e che è oggi uno dei trattamenti di prima linea contro la malattia.

Ebbene, dopo 30 mesi, nel primo gruppo è stata registrata una riduzione di oltre il 50% delle ricadute annuali e una diminuzione del rischio relativo di progressione della disabilità confermata a tre mesi superiore al 30% rispetto al secondo gruppo.

Reazioni avverse hanno interessato il 20,2% dei pazienti in terapia con ofatumumab e il 15% di quelli in trattamento con teriflunomide. Infezioni gravi si sono, invece, verificate nel 2,5% e nell’1,8% degli assistiti nei rispettivi gruppi.

Verso un orizzonte di speranza

«Le evidenze dimostrano che l’inizio precoce di un trattamento ad alta efficacia può avere esiti positivi a lungo termine sul miglioramento della qualità di vita del paziente», ha sottolineato Maria Trojano, professore ordinario di Neurologia all’Università Aldo Moro di Bari e direttore dell’Unità Operativa Complessa di Neurologia e Neurofisiopatologia del Policlinico della medesima città.

A portare la voce dei pazienti è stato Mario Alberto Battaglia, presidente della Fondazione Italiana Sclerosi Multipla e direttore generale dell’Associazione Italiana Sclerosi Multipla: «sono molti i bisogni insoddisfatti delle persone con questa patologia: dalla presa in carico completa all’accesso a farmaci, riabilitazione, ausili. Per fortuna le nuove terapie rendono sempre più realizzabile la cura personalizzata, che cambia le prospettive e il futuro dei malati e riduce il costo della patologia per il paziente e per la collettività».

Paola Arosio