Analizzare l’attuale modello di cura per il tumore della vescica, identificarne le criticità e disegnare un futuro modello di cura: sono gli obiettivi del progetto U-Change cui hanno partecipato 21 esperti: di varia experise.
Nell’ambito del progetto, presentato a Milano in occasione del V Congresso dell’Associazione PaLiNUro (Pazienti Liberi dalle Neoplasie Uroteliali), che si volgerà nel capoluogo lombardo il 19 novembre, è stata condotta anche una survey per conoscere il livello di informazione e il percepito dei tumori della vescica e uroteliali.
Il progetto U-Change è stato patrocinato da AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica), SIUrO (Società Italiana di Uro-Oncologia), SIFO (Società Italiana di Farmacia Ospedaliera e dei Servizi Farmaceutici delle Aziende Sanitarie), FAVO (Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia) e PaLiNUro.
Il progetto e la consensus
Un lavoro importante che ha impegnato risorse ed energie, a beneficio della qualità di cura e di vita dei pazienti affetti da patologie del distretto uro-vescicale, e intenzionato a cambiare la prospettiva di questa serie di patologie che ancora presentano diverse criticità.
«Il progetto U-CHANGE», dichiara Sergio Bracarda, direttore del Dipartimento di Oncologia e S.C. Oncologia Medica e Traslazionale dell’Azienda Ospedaliera Santa Maria di Terni e presidente SIUrO, «è stata anche occasione per redigere una Consensus multidimensionale che, per la priva volta, ha radunato a uno stesso tavolo di lavoro, uniti dai medesimi obiettivi clinici, associazioni dei pazienti, caregivers, fisioterapisti, infermieri, giornalisti di settore, farmacisti ospedalieri, direttori di ASL e di strutture ospedaliere, economisti della sanità nazionale, regionale e locale.
Ovvero tutti le figure referenziali e istituzionali che accompagnano il paziente con carcinoma avanzato della vescica nel percorso diagnostico-terapeutico.
È stato così possibile grazie a un vasto panel di esperti, con diverse competenze, esplorare le varie dimensioni delle patologie, discutendo e concordando sia le attuali limitazioni dei modelli di cura e sia le proposte di miglioramento per la costruzione di un futuro modello di persa in carico e trattamento ancora più efficace».
L’opinione sul valore del progetto è unanime e condivisa da tutte le figure sanitarie.
«U-CHANGE ha affrontato numerosi aspetti che riguardano patologie altamente impattanti, come lo è il tumore uroteliale avanzato, e i vari attori coinvolti», aggiunge Emanuela Omodeo Salé, direttore della Farmacia Ospedaliera dell’Istituto Europeo di Oncologia e del Centro Cardiologico Monzino di Milano e responsabile scientifico della SIFO, «dove anche il farmacista ospedaliero è sempre più coinvolto con i farmaci oncologici, potendo così offrire un supporto concreto al clinico e al decisore, sulle modalità di migliore acquisizione, preparazione e dispensazione delle terapie nel setting intraospedaliero e nella fase successiva dalla dimissione in poi».
Investire in sensibilizzazione
Nonostante le importanti implicazioni della patologia, ancora la conoscenza è limitata.
«È necessario promuovere delle efficaci campagne informative», sottolinea Edoardo Fiorini, presidente APS Associazione PaLiNUro, «per aumentare il livello di conoscenza sia dei fattori di rischio che delle nuove possibilità terapeutiche.
Il progetto U-Change conferma la necessità che Società Scientifiche e Associazioni Pazienti coinvolgano le Istituzioni e gli altri professionisti sanitari in campagne informative sull’importanza della diagnosi precoce, dei fattori di rischio e delle opportunità di terapie attraverso strumenti di comunicazione e target differenziati. Coniugi, partner e familiari sono spesso poco informati, addestrati e supportati nelle diverse fasi del percorso della malattia, da cui la necessità di attivare gruppi di ascolto e divulgare materiale educazionale». Affermazioni che sono confermate dai dati di una survey, condotta sul territorio, fra i cittadini.
La survey
All’incirca 1.000 persone dai 18 anni in avanti hanno partecipato a una indagine per conoscere il grado di consapevolezze sul tumore uroteliale.
Oltre l’88% sa che colpisce la vescica, ma il 4% ritiene interessi la prostata e il 6% non sa esprimersi; tra il 60% di coloro che hanno dichiarato di sapere qual è il medico di riferimento per la gestione della patologia sono stati indicati: urologo (62%), oncologo (31%), andrologo (7% circa), ginecologo (4%).
Si conoscono sufficientemente i primi segnali d’allarme per il tumore alla vescica: ematuria (80&), bruciore e dolore durante la minzione (35%), minzione frequente (26%), ma il 61% non si è mai recato dal medico per uno di questi sintomi e chi lo ha fatto ha ricevuto la prescrizione di un antibiotico generico (17%), di analisi del sangue (13%) o di bere due litri di acqua al giorno (12%), ma poco sulla possibilità di cura e di una diagnosi precoce.
Oltre la metà degli intervistati (52%) ha indicato il fumo di sigaretta come il fattore di rischio più importante del tumore alla vescica vs la meta (50%) che lo associa a familiarità a fronte del 20% che non lo sa.
«Il fumo di sigaretta», chiarisce il dott. Bracarda, «è da solo responsabile del 50% circa dei tumori della vescica, ma altri fattori di rischio come quello professionale, per esempio l’esposizione a coloranti, responsabile di un altro 5-6% dei casi, e la dieta, più specificatamente l’alcol possono indurne l’insorgenza. Mentre tra i cancerogeni ambientali giovano un ruolo importante l’arsenico nell’acqua potabile, le amine aromatiche e i pesticidi agricoli».
Infine, fra le conseguenze più impattanti del tumore alla vescica, vengono elencate: incontinenza (64%), disabilità lavorativa e ridotta qualità di vita (54%), difficoltà sessuali 35%).
I numeri del tumore della vescica
È il quarto tumore per incidenza dopo i 50 anni, nell’uomo con 25.500 nuove diagnosi stimate per il 2021 e oltre 6.000 decessi.
Si sviluppa inizialmente nel rivestimento interno della vescica (urotelio), ma può diffondersi alla parete muscolare che la circonda e raggiungere i linfonodi o altri organi come polmoni, fegato, ossa.
Pertanto, è prioritaria una diagnosi tempestiva a fronte di maggiore sopravvivenza e opportunità terapeutiche che a seconda dello stadio del tumore, prevede interventi anche combinati tra chirurgia, chemioterapia, radioterapia e immunoterapia.
Francesca Morelli