Nel 1769 l’anatomista e patologo Giovanni Battista Morgagni si imbatté in un ragazzo di circa vent’anni che da tempo soffriva di inspiegabili disturbi intestinali. Quando il giovane morì lo sottopose all’autopsia, descrivendo così per la prima volta tipiche lesioni, ulcerazioni, perforazioni rinvenute nell’intestino tenue e nell’intestino crasso.
Si trattava di quello che venne in seguito definito malattia di Crohn, una patologia sistemica cronica che si manifesta tramite infiammazione del tratto gastrointestinale, che provoca diarrea persistente e dolore addominale. La patologia, che presenta andamento progressivo, può richiedere cure urgenti, incluso l’intervento chirurgico.
Inibitore selettivo dell’interleuchina-23
Oggi in Europa per il trattamento della malattia in fase attiva da moderata a severa negli adulti che hanno manifestato una risposta inadeguata, una perdita di efficacia o un’intolleranza nei confronti della terapia convenzionale o dei farmaci biologici, è disponibile una nuova opzione terapeutica.
La Commissione Europea ha, infatti, dato il via libera a risankizumab, il primo inibitore selettivo dell’interleuchina-23, una citochina che promuove i processi infiammatori.
Per il medicinale è la terza indicazione approvata, dopo avere già ricevuto il semaforo verde sia per il trattamento di adulti con psoriasi a placche da moderata a severa candidati a terapia sistemica sia per il trattamento, in monoterapia o in associazione al metotressato, dell’artrite psoriasica attiva negli adulti che hanno manifestato una risposta inadeguata o un’intolleranza a uno o più farmaci antireumatici modificanti la malattia.
Tre studi
L’approvazione europea nel morbo di Crohn è supportata dai risultati del programma di trial di fase 3, che ha previsto Advance, Motivateve Fortify, tre studi multicentrici, randomizzati, in doppio cieco, controllati vs placebo.
Gli studi di induzione Advance e Motivate hanno coinvolto pazienti di età compresa tra 16 e 80 anni con malattia di Crohn attiva da moderata a grave, che in precedenza avevano mostrato intolleranza o risposta inadeguata rispettivamente ai farmaci biologici o alla terapia convenzionale oppure ai soli farmaci biologici.
Advance ha arruolato, tra il 10 maggio 2017 e il 24 agosto 2020, 931 partecipanti, di cui 745 hanno ricevuto risankizumab e 186 il placebo.
In Motivate sono stati, invece, arruolati, tra il 18 dicembre 2017 e il 9 settembre 2020, 618 partecipanti, di cui 411 hanno ricevuto risankizumab e 207 il placebo.
In entrambe le ricerche le somministrazioni sono avvenute per via endovenosa alle settimane 0, 4 e 8. Alla 12ᵃ settimana è emerso che risankizumab era ben tollerato ed efficace per quanto riguarda remissione clinica, frequenza media giornaliera delle feci e punteggio del dolore addominale, risposta endoscopica.
«Oltre alla gestione dei sintomi quotidiani, questi tre parametri sono obiettivi terapeutici fondamentali da raggiungere nel lungo termine», ha dichiarato Fernando Rizzello, professore associato in Medicina Interna all’Università di Bologna e dirigente medico nella Struttura Semplice Dipartimentale per le Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali del Policlinico Sant’Orsola-Malpighi di Bologna.
Lo studio di mantenimento Fortify, svolto in 273 centri clinici in 44 Paesi, ha arruolato i partecipanti che hanno mostrato una risposta clinica a risankizumab negli studi Advance o Motivate. Tra il 9 aprile 2018 e il 24 aprile 2020 sono stati, in particolare, coinvolti 542 pazienti, di cui 358 hanno ricevuto risankizumab e 184 il placebo.
In entrambi i casi la somministrazione è avvenuta ogni otto settimane per via sottocutanea. Alla 52ᵃ settimana è stato evidenziato che la molecola costituisce un trattamento sicuro ed efficace per il mantenimento della remissione.
Paola Arosio